venerdì, marzo 31, 2006

Assolto il figlio di Riina

PALERMO - Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss corleonese Totò, è stato assolto dall'accusa di triplice omicidio. È stato invece condannato a 17 anni di carcere l'altro imputato Antonino Leoluca Bruno. Il legale di Riina, Luca Cianferoni, dice di aver appreso "della sentenza con serena soddisfazione". Il processo, celebrato di fronte al tribunale dei minorenni, perchè i due imputati che oggi hanno 29 anni all'epoca non erano ancora maggiorenni, si è concluso ieri a tarda sera.
Gli imputati erano accusati di aver partecipato all'organizzazione dell'uccisione di Giuseppe e Giovanna Giammona e del marito di quest'ultima Francesco Saporito: il primo fu ucciso nel proprio negozio di abbigliamento il 28 gennaio '95, la sorella fu uccisa col marito dopo un mese, sempre a Corleone. In auto con la coppia c'erano anche i due figli che sono rimasti incolumi.
Per gli stessi reati è stato condannato all'ergastolo Giovanni Riina, figlio maggiore del boss. Giuseppe Salvatore Rina resta comunque in carcere perchè già condannato a 14 anni e 6 mesi per mafia ed estorsioni.
31/03/2006

mercoledì, marzo 29, 2006

Era ora...

MESSINA - Dopo quelle che sono state catalogate come intimidazioni il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Palermo ha deciso di assegnare una tutela a Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, cronista del quotidiano La Sicilia ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto 13 anni fa.Nelle ultime settimane Sonia Alfano ha denunciato tentativi d'intrusione nella propria abitazione e che un motociclista le si è avvicinato puntandole una pistola. "Non mi sento sola - ha spiegato la Alfano - tanti amici e tanta gente della mia città sono al mio fianco" 29/03/2006

Infiltrazioni in gare d'appalto.74 arresti ad Enna

ENNA - Smattentala in mattinata un'organizzazione criminale che operava nel campo degli appalti per conto della pubblica amministrazione. La polizia ha arrestato settantaquattro persone, tra titolari di imprese individuali e rappresentanti di società. La maxi operazione ha visto impegnati circa 400 uomini della Questura di Enna, dei commissariati di Piazza Armerina, Leonforte e Nicosia, delle Squadre Mobili di Palermo, Catania, Caltanissetta, Messina, Ragusa, Siracusa e Milano, dei Reparti Prevenzione Crimine di Catania e Palermo; oltre a 100 mezzi e due aeromobili del reparto volo della Polizia di Stato. L'attività di indagine ha consentito di debellare un sodalizio criminale che negli ultimi anni avrebbe controllato gli appalti in tutta la provincia di Enna. Le imprese coinvolte riuscivano ad aggiudicarsi appalti con ribassi minimi e prossimi allo zero. Secondo l' accusa gli indagati, organizzati in vario modo tra di loro, avevano creato un 'cartellò nel settore degli appalti pubblici in tutta la Provincia di Enna, riuscendo ad aggiudicarsi moltissime gare con ribassi minimi, alcuni addirittura prossimi allo zero, come uno che fu dello 0,0010%. Il "cartello", sostiene l' accusa, inoltre agiva per escludere le imprese "pulite" che non volevano sottostare all' accordo. Il meccanismo, secondo la polizia, era sempre lo stesso: le società "amiche" partecipavano in massa alle gare di appalto presentando offerte con una soglia di ribasso talmente anomalo da fare escludere quasi tutte le altre imprese concorrenti. La polizia del commissariato di Piazza Armerina ha compiuto uno screening su un centinaio di gare di appalto bandite ed espletate tra il 2000 ed il 2003 dalla pubblica amministrazione a Enna e nella sua provincia, indagando 109 persone, 74 delle quali sono gli imprenditori raggiunti da provvedimento restrittivo. Le indagini della polizia di Enna, coordinate dal sostituto procuratore Marco Sabella, si sono avvalse della collaborazione della Direzione Anticrimine Centrale e in particolare dagli uomini del Servizio Centrale della Polizia Scientifica-Sezione Indagini Grafiche. Questi ultimi hanno verificato che molti documenti presentati da ditte diverse erano stati scritti dalla stessa persona, individuando così il collegamento tra alcuni degli indagati. Il provvedimento del Gip di Enna, Francesca Cercone, dell' operazione denominata "Cemento armato", è stato eseguito in 11 comuni della provincia ennese, in particolare a Leonforte, Nissoria, Assoro, Agira, Villarosa, Nicosia, Enna, Pietraperzia, Regalbuto, Gagliano Castelferrato ed Aidone. Gli arrestati, 48 in tutto, sono stati condotti nelle case circodariali di Enna, Piazza Armerina, Caltanissetta, Caltagirone e Catania. Agli altri indagati sono stati concessi gli arresti domiciliari.Tra gli arrestati nell'ambito dell'operazione "Cemento armato" c'è anche Alfonso Panini, 55 anni, di Nissoria: è il presidente della prima associazione antiracket sorta negli anni '90 in provincia, con sede a Leonforte. A lui il Gip ha concesso gli arresti domiciliari.Gli arrestati nell' ambito dell' operazione "Cemento armato" della polizia sono: Antonio Barbera, di 36 anni, di Leonforte; Salvatore Barbera, di 34, di Leonforte; Gioacchino Billotta, di 62, di Leonforte; Gaetano Calabrese, di 31, di Nissoria; Rosario Calabrese, di 55, di Nissoria; Giuseppe Cangeri, di 48, di Leonforte; Santo Cangeri, di 55, di Leonforte; Francesco Castiglione, di 46, di Leonforte; Filippo Caviglia, di 41, di Leonforte; Giuseppe Conte, di 38, di Leonforte; Vincenzo Cremona, di 43, di Nissoria; Giuseppe D' Agostino, di 50, di Leonforte; Antonino D' Anna, di 69; Nicola D' Anna, di 38, di Leonforte; Francesco Dottore, di 44, di Leonforte; Giuseppe Ficarra, di 62, di Agira; Salvatore Fioria, di 44, di Leonforte; Michele Fiscella, di 31 di, Nicosia; Giuseppe Gagliano, di 68, di Leonforte; Salvatore Gagliano Salvatore,di 40, di Leonforte; Gaetano Grimaldi, di 34, di Leonforte; Francesco L' Episcopo, di 57, di Nissoria; Francesco La Rocca Francesco, di 64, di Leonforte; Salvatore La Rocca, di 34, di Leonforte; Nunzio Laisa, di 57, di Leonforte; Giacomo Laneri, di 63, di Leonforte; Salvatore Bartolomeo Manno, di 45, di Nissoria; Domenico Maria, di 35, di Leonforte; Carmelo Marino, di 61, di Leonforte; Giuseppe Messina, di 54 , di Villarosa; Angelo Miceli, di 68, di Leonforte; Salvatore Miceli, di 38, di Leonforte; Rosario Mugavero, di 56, di Leonforte; Antonino Muratore, di 58, di Leonforte; Francesco Muratore, di 53, di Nissoria; Giovanni Muratore, di 59, Leonforte; Salvatore Muratore, di 43, di Leonforte; Salvatore Novembre, di 46, di Leonforte; Mario Panvini, di 31, di Nissoria; Piero Panvini, di 29, di Leonforte; Signorello Pedalino, di 52, di Leonforte; Cataldo Proietto, di 36, di Gagliano Castelferrato; Giordano Proietto, di 38, di Gagliano Castelferrato; Giuseppe Proietto, di 69, di Gagliano Castelferrato; Salvatore Salvatore, di 53, di Leonforte; Salvatore Scaminaci Russo, di 57, di Nissoria; Giuseppe Screpis, di 38, di Assoro; Angelo Varveri, di 39, di Leonforte. Il provvedimento restrittivo è stato notificato dalla polizia anche a altri 26 indagati ai quali il Gip ha concesso gli arresti domiciliari. Sono Michele Bongiovanni, di 38 anni, di Pietraperzia; Salvatore Cantella, di 51, di Villarosa; Salvatore. Carambia, di 46, di Regalbuto; Giovanni Climenti, di 53, di Villarosa; Tommaso Caviglia, di 76, di Leonforte; Gaetano Cosenza, di 46, di Enna; Salvatore D' Anna, di 51, di Leonforte; Salvatore Di Marco, di 59, di Assoro; Giovanni Di Pasqua, di 36, di Leonforte; Stefano Fasciana, di 44, di Regalbuto; Biagio Fazzi, di 57, di Enna; Paolo Fazzi, di 61, di Enna; Gaetano Ficarra, di 51, di Agira; Francesco Gagliano, di 35, di Leonforte; Mario Giangreco, di 36, di Leonforte; Antonino Giunta, di 33, di Nissoria; Angelo La Biunda, di 58, di Assoro; Angelo Manno, di 46, di Agira; Filippo Messina, di 28, di Villarosa; Filippo Messina, di 48, di Pietraperzia; Giuseppe Messina, di 66, di Aidone; Alfonso Panvini, di 55, di Nissoria; Gaetano Pedalino, di 57, di Leonforte; Pasquale Principato Trosso Pasquale, di 53, di Leonforte; Giuseppe Rubino, di 62, di Leonforte; Salvatore Varveri, di 69, di Leonforte. Maggiori particolari sull' operazione condotta dalla polizia del commissariato di Piazza Armerina, dalla Questura di Enna e dalla Direzione anticrimine centrale saranno resi noti durante un incontro che si terrà nel Palazzo di Giustizia di Enna alle 10.30.
28 Marzo 2006

Intimidazioni a funzionario comunale

BURGIO (AGRIGENTO) - Trecentocinquanta alberi di ulivo, di proprietà di Antonino Sala, impiegato comunale di Burgio sono stati tagliati con una sega elettrica. L'uomo, che ha negato di avere subito minacce, ha presentato denuncia ai carabinieri.

lunedì, marzo 27, 2006

Ancora intimidazioni a Sonia Alfano

PALERMO - Nuove intimidazioni sono state denunciate da Sonia Alfano, la figlia del giornalista Beppe, assassinato l'8 gennaio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Si tratta di episodi che il difensore della donna, l'avvocato Fabio Repici, ha segnalato stamani al Prefetto di Palermo con una nota che ha inviato per rappresentare il quadro nel quale possibilmente si iscrivono gli episodi. Le intimidazioni si sono verificate nei giorni scorsi in città, dove abita la donna, e sono state denunciate da Sonia Alfano alle forze dell'ordine. Nelle scorse settimane la figlia del giornalista assassinato era stata avvicinata da due persone a bordo di una moto, una delle quali le aveva mostrato una pistola. "Alla luce dell'ulteriore e grave atto intimidatorio subito da Sonia Alfano, le esprimo ancora una volta la mia piena solidarietà e la vicinanza dell'istituzione che rappresento, auspicando che gli organi competenti facciano chiarezza nel più breve tempo possibile". Ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro. "Sonia Alfano è un fulgido esempio di impegno nella continua ed incessante ricerca della verità - conclude Cuffaro - e per questo è assolutamente necessario che sia adeguatamente tutelata".
27 Marzo 2006

Incendio doloso a Palermo

PALERMO

- È di natura dolosa l'incendio che, in nottata, ha danneggiato un bar-pasticceria a Palermo. Le fiamme hanno interessato la cornetteria di via Brunelleschi intestata alla commerciante Rosa Ganci. La polizia ha trovato accanto alla saracinesca un bidoncino con tracce di liquido infiammabile. Gli investigatori stanno seguendo diverse piste e non escludono che possa essersi trattato di un attentato ad opera del racket.

sabato, marzo 25, 2006

Sarà suicidio?...

VALGUARNERA (ENNA) - L.D., 70 anni, di sesso maschile è stato trovato morto impiccato dentro un pozzo, nel suo appezzamento di terreno di contrada Cafeci. Secondo i primi rilievi sembrerebbe trattarsi di un suicidio. L'uomo che è sposato e ha tre figli adulti, non avrebbe lasciato alcun biglietto che spieghi il suo gesto. Quello che è certo e che L.D. da qualche tempo soffriva di depressione. Il suo corpo senza vita è stato rinvenuto all'interno del pozzo del suo piccolo podere, alle porte di Valguarnera. A fare la scoperta è stato un parente, che era andato a trovarlo. Quando è entrato dentro il fabbricato si è accorto che il portellone del pozzo era aperto e all'interno, appeso ad una corda, penzolava il corpo senza vita dell'anziano.
25 Marzo 2006

venerdì, marzo 24, 2006

Sciolto comune Castellammare del Golfo

CASTELLAMMARE DEL GOLFO (TRAPANI) - Il Consiglio dei Ministri ha deciso lo scioglimento del Consiglio comunale di Castellammare del Golfo, dove sono state accertate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata. Lo scioglimento del consiglio comunale di Castellammare del Golfo nel Trapanese arriva dopo l'azione ispettiva del ministero dell'Interno decisa a seguito dell'operazione "Tempesta", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo e condotta dalla squadra mobile di Trapani. Un'inchiesta che ha portato, oltre che all'arresto di 23 presunti affiliati a Cosa Nostra, alla scoperta di connivenze tra mafia e politica. Nell'inchiesta sono rimasti coinvolti, tra gli altri, il dirigente ed un funzionario dell'ufficio tecnico comunale, Antonio Palmeri e Vincenzo Bonventre. Entrambi, accusati di abuso d'ufficio con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra, si sarebbero prodigati, secondo i magistrati, per concedere, in maniera illegittima, autorizzazioni edilizie al presunto capomafia castellammarese, Francesco Domingo, che aveva interessi nella ristrutturazione di un immobile, destinato a diventare struttura ricettiva. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche è emerso un quadro inquietante: i burocrati del Comune, finiti sotto inchiesta, erano preoccupati non tanto di essere scoperti dalle forze dell'ordine, ma di non riuscire ad assecondare le pressanti richieste che provenivano dalla "famiglia" mafiosa. Dalle indagini emerge anche un inquinamento mafioso nelle ultime elezioni amministrative. Dei 23 arrestati, 3, che hanno scelto il rito abbreviato, sono già stati recentemente condannati dal gup di Palermo (Francesco Domingo a 20 anni, la moglie Antonella Di Graziano a 12 e Diego Rugeri a 18), per gli altri, compresi i due burocrati comunali, la Dda ha chiesto il rinvio a giudizio ed il gup dovrà decidere a giorni.
23 Marzo 2006

mercoledì, marzo 22, 2006

La mafia si arma sempre...

SIRACUSA - Un fucile calibro 12, una pistola calibro 7,65 completa di caricatore e una pistola a salve priva del tappo rosso sono stati trovati dalla polizia di Siracusa in un terreno incolto nella zona di via Algeri. Il ritrovamento è avvenuto ieri sera. Le armi erano dentro un sacchetto di plastica. Dai primi accertamenti è emerso che il fucile è stato rubato. Le armi verranno inviate per gli accertamenti balistici al Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica.

Arrestati mandanti omicidio Zimmiti

SIRACUSA - Agenti della Polizia di Siracusa hanno notificato una ordinanza cautelare in carcere a due persone, Giovanni Latino, di 56 anni, e Antonio Aparo, di 47, entrambi già detenuti, ritenuti i mandanti dell' omicidio di Antonio Zimmitti, un autotrasportatore di 38 anni ucciso nel gennaio del 1996 a Siracusa. A Latino il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Catania il 15 marzo scorso, è stato notificato nella casa Circondariale di Spoleto, ad Aparo nella casa circondariale di Palermo. Zimmitti fu ucciso con colpi di arma da fuoco nella sua automobile sulla strada provinciale che da Belvedere conduce a Floridia.

Cinque arresti a Gela

GELA (CALTANISSETTA) - Agenti della polizia di Stato hanno eseguito cinque ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di presunti esattori del pizzo a Gela. I provvedimenti emessi dal gip Paolo Scotto di Luzio, su richiesta dei pm della Dda, riguardano i presunti responsabili delle richieste estorsive fatte nei confronti di ristoratori del nisseno.L'inchiesta è stata condotta dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela. Agli indagati sono contestate le accuse di associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata ed estorsione. Le indagini hanno preso il via nella seconda metà dello scorso anno e riguardano esponenti della famiglia mafiosa di cosa nostra di Gela, dediti al racket delle estorsioni.Secondo gli inquirenti l'organizzazione imponeva ad un commerciante il pagamento di 1.500 euro al mese per la "protezione" di un ristorante a Gela. I provvedimenti di custodia cautelare eseguiti dalla polizia riguardano: Marco Ferrigno, di 35 anni, abitante a Gela, con precedenti per associazione mafiosa, sottoposto a misura di prevenzione e con obbligo di dimora nella propria cittadina; Salvatore Gravagna, di 24, operaio; Salvatore Romano, di 29, disoccupato; Francesco Greco, di 26, con precedenti per rapina ed estorsione e Salvatore Tremi, di 35, tutti abitanti a Gela.Le intercettazioni ambientali disposte dalla polizia hanno consentito di accertare le intimidazioni subite da un ristoratore. Dalle indagini emerge, infatti, che Salvatore Gravagna, inteso "Totò u Catanisi" e Marco Ferrigno, chiamato "U cunigghiaru", sottoponevano il titolare di un ristorante al pagamento mensile di una somma di denaro. I componenti dell'organizzazione, che secondo gli inquirenti sarebbero legati a Cosa nostra gelese, si recavano inoltre quotidianamente a pranzo o cena, senza mai pagare.In particolare, Gravagna e Ferrigno, da quanto si rileva dalle intercettazioni, si presentavano nel locale consigliando al titolare "di mettersi in regola", e alle sue giustificazioni basate sul fatto che c'è un periodo di crisi economica, replicavano che "i carcerati non sono morti". Per gli investigatori questa affermazione fa riferimento alla necessità della cosca di assicurare lo stipendio ai detenuti o ai loro familiari.
22 Marzo 2006

lunedì, marzo 20, 2006

Convalidati gli arresti della focacceria

Onore a chi combatte la mafia...

PALERMO - "Ho paura soprattutto per la mia famiglia, ma non faccio alcun passo indietro, manterrò gli impegni presi; domani sarò a Barcellona Pozzo di Gotto in un liceo per parlare di lotta alla mafia". Sonia Alfano è turbata per quello che definisce "un tentativo di intimidazione che segue quelli che si sono susseguiti dopo l'omicidio di mio padre".La Alfano, figlia del giornalista Beppe ucciso dalla mafia a Barcellona l'8 gennaio del 1993, qualche giorno fa a Palermo è stata affiancata da due uomini in moto con il casco integrale: il passeggero seduto dietro le ha mostrato, impugnandola, una pistola. I due si sono poi allontanati imboccando una strada a senso vietato. A scuotere la donna è soprattutto il pensiero di avere lasciato i figli più piccoli a scuola pochi minuti prima che i due sconosciuti le si avvicinassero. "Ma non mi arrendo - dice -, vado avanti nella mia battaglia, voglio che esca fuori tutta la verità sulla morte di mio padre".Quella di giovedì scorso è l'ultima di una serie di intimidazioni subite dalla famiglia di Beppe Alfano. Sonia, 37 anni e madre di tre figli, collega l'episodio di giovedì scorso, al suo impegno che in questi ultimi mesi l'ha condotta spesso a Barcellona Pozzo di Gotto per partecipare a convegni e iniziative contro la mafia. "Negli ultimi tre mesi - dice - sono stata molto presente a Barcellona, e per la prima volta ho constatato la vicinanza della gente che mi ha incitata a continuare, riconoscendo in me una delle poche persone che ha il coraggio di fare i nomi dei mafiosi. Credo che il gesto intimidatorio sia riconducibile al mio impegno".Per il suo avvocato, Fabio Repici, "è solo l'ultimo e il più eclatante fra i segnali di attenzione subiti negli ultimi tempi da Sonia in coincidenza, non so quanto causale, con l'intensificarsi del suo impegno di denuncia antimafia e delle iniziative promosse a Barcellona Pozzo di Gotto per sottrarre al giogo mafioso la città nella quale suo padre è stato ucciso"."Rincuora - ha concluso l'avvocato Repici - la solidarietà ricevuta da tanti personaggi, noti e meno noti, impegnati sulla trincea della legalità. Sconforta, però, il torpore mostrato fino ad ora degli apparati istituzionali".Anche Salvatore Cuffaro, presidente della Regione siciliana, ha espresso "la piena solidarietà e la vicinanza dell'istituzione che rappresento a Sonia Alfano per le gravissime intimidazioni ricevute. La battaglia di verità che sta conducendo è un esempio per tutti noi. Sonia si batte con immenso coraggio per conoscere la verità, tutta la verità, sulla tragica morte del padre e il suo impegno deve essere sostenuto e condiviso da tutti i siciliani".Per Rita Borsellino, candidata dell'Unione alla presidenza della Regione, "l'intimidazione nei confronti di Sonia Alfano è il segno di come Cosa Nostra sia infastidita dalla denuncia costante e continua. E' grave l'escalation di tutti questi segnali. Io e Sonia abbiamo partecipato proprio qualche giorno fa a un dibattito a Messina e la sua testimonianza è stata, come sempre, tra le più efficaci e importanti. Il cammino di educazione alla legalità è lento e difficile ma nessuno potrà fermarlo".
20 Marzo 2006

mercoledì, marzo 15, 2006

Colpo ad una focacceria di 150 anni...

PALERMO - Operazione di controllo della criminalità organizzata nella città di palermo. Stamani i carabinieri, su disposizione della Dda di Palermo, hanno arrestato quattro persone con l'accusa di estrosione. Secondo le forze dell'ordine, volevano impadronirsi della più nota azienda di ristorazione di Palermo. I militari del Nucleo operativo del Comando provinciale hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai sostituti Maurizio De Lucia e Lia Sava della Direzione distrettuale antimafia. I quattro indagati sono accusati di avere messo a segno estorsioni avvalendosi della forza di intimidazione dell'organizzazione mafiosa. Il fermo scaturisce da una indagine dei carabinieri sui nuovi equilibri mafiosi instauratisi in seguito ai numerosi arresti che sono stati fatti nei mesi scorsi e che hanno colpito la famiglia mafiosa di "Palermo-Centro". Secondo gli investigatori il gruppo che è stato arrestato stamani avrebbe imposto l'assunzione di uno di loro nell'azienda di ristorazione che è molto nota in città. Gli indagati, secondo quanto emerge dalle intercettazioni ambientiali, hanno iniziato una pressante attività di penetrazione nell'azienda, con il chiaro scopo di assumerne il controllo. La società di ristorazione che il gruppo capeggiato da Francesco Spadaro, arrestato stamani, voleva accaparrarsi è quella che gestisce l'antica focacceria di San Francesco a Palermo, nel centro storico della città, notissima e frequentata da palermitani e turisti. L'azienda di ristorazione che i presunti affiliati a Cosa nostra volevano accaparrarsi è molto nota in campo internazionale e la struttura è inserita fra i locali storici d'Italia. Dall'inchiesta dei carabinieri emerge che l'organizzazione per prendere in mano la gestione della società hanno danneggiato le automobili dei titolari, minacciandoli anche di morte con diverse azioni che sono state registrate dai militari del Nucleo operativo. Tutta l' attività del gruppo arrestato stamani è stata monitorata dai carabinieri che hanno filmato gli incontri, registrando le conversazioni e le minacce. I carabinieri stanno effettuando perquisizioni alle abitazioni degli arrestati e negli uffici dell'azienda che ha subito le estorsioni. I titolari della società di ristorazione in queste ore vengono interrogati dai carabinieri che hanno in mano le prove dell'attività criminale e delle estorsioni che sono state loro rivolte. L'operazione è coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm della Dda Maurizio De Lucia e Lia Sava.I carabinieri hanno arrestato con il provvedimento di fermo disposto dalla procura Francesco Spadaro, 44 anni, figlio del boss mafioso della Kalsa, Tommaso Spadaro. I militari lo hanno bloccato nella sua villa di Santa Flavia, frazione marinara alle porte di Palermo. Gli altri tre fermati sono: Vito Seidita, 43 anni; Giovanni Di Salvo, di 35, cugino del boss Tommaso Lo Presti, e Lorenzo D'Aleo, di 37. Tutti sono accusati di estorsione e tentata estorsione aggravata dall'avere favorito l'associazione mafiosa. Durante le perquisizioni effettuate nelle abitazioni degli arrestati sono stati sequestrati documenti ritenuti utili alle indagini. I carabinieri sono arrivati a scoprire l'estorsione seguendo i quattro indagati sui quali era stata avviata una inchiesta.L'Antica focacceria di San Francesco è un locale storico a Palermo e svolge attività di ristorazione d'elite in tutto il mondo. Nello scorso anno l'azienda ha svolto la propria attività gastronomica a New York, New Jersey, San Diego, Caracas e poi a Milano e Torino. Il ristorante di Palermo, inserito fra i locali storici d'Italia, è nato oltre cento 150 anni fa. La leggenda vuole che lo stesso Garibaldi e i suoi Mille fossero passati per la focacceria per mangiare. Nel 1848, anno della proclamazione del primo parlamento siciliano, Ruggiero Settimo neo eletto capo del governo festeggiò il suo successo con sfincioni e marsala nei locali della focacceria. In questo locale si davano appuntamento da Pirandello a Crispi, dai reali d'Italia a quelli di Spagna e Belgio, dai capi di stato agli attori del teatro e del cinema di ieri e di oggi. L'Antica focacceria è tra i pochi esercizi storici d'Italia e fa parte dell'associazione Slow Food ed è citata su tutte le guide turistiche del mondo.
15 Marzo 2006

Indagata un'impresa agrigentina a Como

COMO - La Direzione distrettuale antimafia sta indagando sul cantiere per il rifacimento della piazza principale di Cantù, piazza Garibaldi, un appalto comunale che è stato aggiudicato il 22 settembre scorso ad un'impresa di Agrigento, la Icm srl. I carabinieri hanno acquisito in municipio copia della documentazione relativa al cantiere, un'opera pubblica da 1,65 milioni di euro iniziata il 30 gennaio scorso, e che si prevede durerà un anno. Non si sa se si tratta di un'inchiesta che abbia già comportato iscrizioni sul registro degli indagati o se l'acquisizione rientra in un'indagine per atti relativi. Il Comune di Cantù si dichiara tranquillo: "Sono accertamenti che riguardano l'impresa aggiudicataria", ha detto il sindaco Tiziana Sala, della Lega. "Il nostro appalto è a posto e noi siamo assolutamente tranquilli". L' indagine mirerebbe ad accertare l'effettiva congruità dei requisiti che la legge impone alle imprese che prendono parte a gare pubbliche d'appalto. Il rifacimento di piazza Garibaldi, cuore storico della cittadina brianzola, prevede la semi-pedonalizzazione dell'area, fino a qualche settimana fa ridotta sostanzialmente ad un parcheggio. L'intervento è stato duramente contestato nei mesi passati: i gruppi di opposizione avevano vanamente chiesto l'indizione di un referendum abrogativo e avevano presentato vari ricorsi agli organi giudiziari ordinari e amministrativi, contestando principalmente quella che ritenevano l'eccessiva onerosità della riqualificazione.

Talpe alla Dda, Aiello: "Sono vittima della mafia"

PALERMO - "Non ho mai regalato soldi alla mafia. Ho pagato il pizzo sia per la mia attività edile che per quella sanitaria". Ribadisce il ruolo di vittima di Cosa nostra Michele Aiello, costruttore e manager della sanità privata, accusato di associazione mafiosa nell'ambito del processo alle talpe alla Dda di Palermo. Aiello imputato assieme, tra gli altri, al presidente della regione Salvatore Cuffaro, è stato interrogato dal proprio legale e riesaminato dal pubblico ministero Nino Di Matteo nel corso dell'udienza che si è svolta davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Vittorio Alcamo. L'imprenditore, dunque, ha negato di avere liberamente dato soldi ai boss, smentendo quanto dichiarato dal pentito Nino Giuffrè. "È vero che diedi 105 milioni alla mafia di Bagheria, - ha spiegato - ma si trattava del pizzo versato per la realizzazione di sette strade interpoderali". Aiello ha poi parlato delle notizie riservate su indagini a suo carico apprese dai marescialli Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, coinvolti nella stessa inchiesta. (Riolo, accusato di concorso in associazione mafiosa, è suo coimputato, mentre Ciuro è stato condannato, in abbreviato, a 4 anni per favoreggiamento). "Ciuro - ha detto - si vantava, in occasione dell'apertura di un'inchiesta sulla mia casa di cura bagherese, di essere in grado di conoscere lo stato delle indagini e i nomi degli iscritti nel registro delle notizie di reato. Io non gli chiesi mai nulla fu lui, spontaneamente, a prendere informazioni sostenendo di essere preoccupato per la moglie, impiegata alla Asl, dal momento che i magistrati avevano aperto un fascicolo per truffa proprio sui rimborsi per prestazioni erogate dall'azienda sanitaria". Secondo Aiello, dunque, Ciuro avrebbe agito di sua iniziativa tentando di accreditarsi come fonte ed inventando, in diverse circostanze anche una serie di notizie false. "Mi disse - ha continuato - ad esempio, che l'indagine aperta a mio carico stava per essere chiusa, cosa, evidentemente, falsa". Secondo la procura, invece, il manager avrebbe costituito una rete riservata di informatori, di cui avrebbero fatto parte oltre a Ciuro e Riolo, il presidente della Regione, per avere particolari sulle indagini. Rispondendo alle domande del suo legale, l'avv. Sergio Monaco, l'imputato ha negato di avere appreso notizie relative ad inchieste legate alla cattura di latitanti dal maresciallo Riolo. Aiello ha ammesso, invece, di avere fatto, nel tempo, una seri di regali a Ciuro e Riolo: dai piccoli lavoretti di ristrutturazione delle abitazioni, all'assunzione della moglie e del fratello di Riolo ed al pagamento del noleggio di un'autovettura per Ciuro. "Si trattava - ha concluso - di favori che non erano in alcun modo legati con le notizie che entrambi mi davano". L'esame di Aiello, durato 9 udienze, si concluderà domani mattina. Seguirà l'interrogatorio di Giorgio Riolo. Aiello ha infine ricordato che, nel 2003, quando la Asl bloccò i rimborsi delle prestazioni sanitarie effettuate nel suo centro diagnostico di Bagheria, villa Santa Teresa, il deputato Ds Beppe Lumia chiese al legale del manager la documentazione completa sul caso per presentare, eventualmente, un'interpellanza parlamentare. L'azienda sanitaria aveva deciso di interrompere i pagamenti sostenendo che alcuni degli esami eseguiti nella clinica non erano inseriti nel tariffario regionale stilato dall'assessorato alla Sanità. Il provvedimento di fatto ostacolava l'esecuzione di esami clinici su pazienti affetti da patologie tumorali.
14 Marzo 2006

lunedì, marzo 13, 2006

16 arresti nel trapanese

TRAPANI - Operazione antidroga nel Trapanese. Una organizzazione che avrebbe gestito una raffineria di droga e lo spaccio di cocaina in alcuni centri del trapanese è stata scoperta dalla polizia. Gli agenti della Sezione Antidroga della squadra mobile di Trapani e del Commissariato di Alcamo hanno eseguito 16 ordini di custodia cautelare e scoperto il luogo in cui veniva raffinata la droga. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Gioacchino Scaduto su richiesta dei pm Massimo Russo, Paolo Guido e Maurizio Agnello. L'operazione è stata denominata "Cocoon".
Le persone arrestate sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio, trasporto, detenzione, fabbricazione e produzione di cocaina, hashish e marijuana. L'indagine era stata avviata circa due anni fa in seguito ad un'altra inchiesta che riguardava numerosi affiliati alle famiglie mafiose di Mazara del Vallo, Salemi e Bagheria, accusati di aver pianificato e avviato una serie di traffici internazionali di sostanze stupefacenti con la complicità di appartenenti a cosche calabresi di Platì (Reggio Calabria).
Ai vertici dell'organizzazione ci sarebbero stati, per l'accusa, Vito Di Lorenzo, di 67 anni, e suo figlio Gianfranco, di 28, entrambi di Partinico (Palermo).Sarebbero stati loro a installare in un casolare fra le campagne di Alcamo e Partinico una raffineria di droga. Il traffico di droga era gestito, secondo la polizia, da un vasto gruppo che aveva ramificazioni da Trapani fino a Partinico. I provvedimenti cautelari sono stati notificati oltre ai Di Lorenzo anche a: Paolo Marcello Messina, di 39 anni, agricoltore di Alcamo; Gian Rocco Cammarata, di 32, fabbro di Dattilo-Paceco (Trapani); Vito Foderà, di 28, residente in provincia di Treviso; Lorenzo Poma, di 47, imprenditore di Castellammare del Golfo; Alfredo Pirro, di 37, macellaio di Valderice; Giacomo Miceli, di 46, di Alcamo; Giuseppe Fiorino, di 27, muratore di Valderice; Vincenzo Tola, di 51, commerciante di Castellammare del Golfo; Angelo Ippolito, di 56, di Palermo; Pietro Solina, di 49, pescivendolo di Bonagia (Valderice); Antonino Barone, di 59, imprenditore di Custonaci; Vittorio Di Lorenzo, di 26, di Partinico; Giuseppe Saitta, di 33, di Partinico, ma residente in provincia di Milano e Girolamo Tartamela, di 31, commerciante di Alcamo.
Agli ultimi quattro il giudice ha concesso gli arresti domiciliari mentre ad altri due indagati P.V. e G.A., entrambi originari di Partinico, è stato notificato l'avviso di garanzia per altre ipotesi di spaccio e sono a piede libero. I Di Lorenzo avevano costituito una organizzazione con diverse ramificazioni sul territorio per lo spaccio. In particolare Lorenzo Poma e Antonino Barone avrebbero curato la vendita della droga nella zona di Castellammare del Golfo e Custonaci, mentre Alfredo Pirro e Giuseppe Fiorino a Valderice, Marcello Paolo Messina, Giacomo Miceli, Girolamo Tartamella e Giuseppe Saitta avevano il compito di "piazzare" la cocaina negli ambienti giovanili di Alcamo e delle zone limitrofe alla cittadina, infine Cammarata e Foderà curavano lo spaccio a Trapani e dintorni.
Tra gli arrestati emerge anche Angelo Ippolito, considerato un "freelance dello spaccio" il quale, settimanalmente, organizzava dei trasporti di cocaina, utilizzando autobus di linea, tra Palermo e Trapani. Tale stupefacente era destinato a Gianrocco Cammarata e Vito Foderà che, oltre a spacciare per conto dei Di Lorenzo di Partinico, avevano avviato un'autonoma attività per la vendita di droga.

13 Marzo 2006

domenica, marzo 12, 2006

Come si vincono e si perdono l'elezioni in Sicilia...

CATANIA - È stata aggiornata al 22 giugno prossimo l' udienza del Tribunale amministrativo regionale di Catania davanti al quale è pendente una richiesta di revisione dell' esito dello scrutinio delle elezioni comunali nel capoluogo etneo del 2005, vinte dalla Cdl. Secondo alcuni esponenti del centrosinistra, che hanno presentato il ricorso, durante il voto per le amministrative a Catania ci sarebbero stati voti non riscontrati, scrutini compiuti in maniera tecnicamente non ineccepibile, eccessive preferenze annullate alle liste che appoggiavano Enzo Bianco a sindaco e presidenti di seggio candidati. Il centrosinistra ha sottolineato che "nessuno segnala brogli, ma soltanto irregolarità amministrative nello spoglio" e soprattutto in "quei mille voti non assegnati che sarebbero andati, nella maggior parte, ai partiti che sostenevano la candidatura a sindaco di Enzo Bianco".

Teneva un'arma in Comune

PALERMO - Salvatore Gambino, ex sindaco di Roccamena, paese del palermitano, è stato condannato a due anni ed otto mesi di reclusione per detenzione illegale di pistola e munizioni. L'arma, una Beretta calibro 9, venne trovata dai carabinieri, durante un'operazione antimafia, nel cassetto della scrivania dello studio di Gambino, in Municipio. L'ex sindaco è stato arrestato all'inizio dell'anno per concorso in associazione mafiosa. L'imputato ha sempre sostenuto che l'arma non fosse sua e che qualcuno l'avesse nascosta nella stanza a sua insaputa.

Sequestrato tabacchi all'areoporto di Palermo

PALERMO - I carabinieri del nucleo operativo del comando provinciale di Palermo e gli agenti della squadra mobile hanno sequestrato una tabaccheria all'interno dell'aeroporto Falcone-Borsellino a Punta Raisi. Secondo gli investigatori farebbe parte del patrimonio della società Enterprise Serices s.r.l. di Villabate, gestita dalla famiglia del capomafia di Villabate Antonino Mandalà, che vi aveva fatto assumere uomini vicini alla cosca. L'Enterprise Services controlla anche una sala bingo, un'agenzia ippica e di scommesse sportive ed un negozio di telefonia, già sottoposti a sequestro. Il sequestro è stato disposto nell'ambito dell'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai sostituti Maurizio De Lucia, Michele Prestipino e Antonino Di Matteo, che la scorsa settimana ha portato all'arresto di 18 persone tra mafiosi, imprenditori e pubblici amministratori responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e corruzione.

sabato, marzo 11, 2006

Un altro deputato dell' Udc...

PALERMO - Il deputato regionale dell'Udc, David Costa, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ha chiesto ed ottenuto dal gup di essere processato con il rito abbreviato. L'esponente politico, che è detenuto, è stato arrestato il 15 novembre scorso perchè coinvolto in una indagine che riguarda mafia e politica nel trapanese e sulla quale da diverso tempo indaga la polizia di Trapani. L'inchiesta si basa su presunti contatti del deputato regionale con esponenti mafiosi di Marsala, e in particolare con il boss Natale Bonafede. Costa recentemente era passato dall'Udc al gruppo dei cosiddetti "quarantenni" del partito, che all'Assemblea siciliana hanno costituito una formazione autonoma denominata Udc-Democratici per le libertà. Il giudice ha rinviato il processo, per proseguire con il rito abbreviato, al 12 aprile prossimo.
10 Marzo 2006

Altro rinvio per Scapagnini

CATANIA - È stata aggiornata al prossimo 18 aprile l'udienza preliminare in cui il Gup di Catania, Antonino Caruso, deciderà se rinviare a giudizio il sindaco Umberto Scapagnini e otto ex assessori della sua giunta in carica nel 2005. Al centro dell'inchiesta vi sono i contributi previdenziali pagati dal Comune ai propri dipendenti per i danni da cenere lavica tre giorni prima del voto amministrativo nel capoluogo etneo.Nel corso dell' udienza il sostituto procuratore Ignazio Fonzo ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio, mentre gli avvocati degli imputati hanno chiesto il proscioglimento dei loro assistiti. Resta da discutere la posizione di uno degli imputati.Il procuratore Mario Busacca e i sostituti Francesco Puleio e Ignazio Fonzo nei giorni scorsi avevano ipotizzato i reati di abuso d'ufficio e violazione della legge elettorale. Oltre all'allora sindaco, poi riconfermato, Umberto Scapagnini, sono imputati gli ex assessori: Nino Strano, Fabio Fatuzzo, Orazio D'Antoni, Angelo Rosano, Antonino Nicotra, Filippo Grasso, Ignazio De Mauro e Rosario D'Agata. Al centro dell'inchiesta ci sono due delibere comunali per la restituzione dei contributi previdenziali il cui prelievo doveva essere sospeso durante l'emergenza cenere lavica creata da una fase eruttiva dell'Etna. Per questo i circa 4 mila dipendenti comunali avrebbero ricevuto in busta paga una somma compresa tra i 300 e i mille euro, che dovranno restituire senza interessi in 11 anni al loro ente previdenziale.
10 Marzo 2006

Due arresti per estorsione

CATANIA - I carabinieri del comando provinciale di Catania hanno arrestato due giovani di 29 anni, Carmelo Amante e Antonio Vizzuso, accusati di tentativo di estorsione in concorso ai danni di un cantiere edile. Per effettuare l'arresto i militari della compagnia di Fontanarossa si sono finti muratori e hanno bloccato i due non appena si sono presentati nel cantiere.

giovedì, marzo 09, 2006

Arrestato estorsore dei Ventura

MESSINA - La polizia di Messina ha arrestato Domenico De Marco, 43 anni, con l'accusa di estorsione ai danni di un cantiere edile. L' uomo secondo gli agenti pretendeva 50.000 euro da un costruttore messinese. De Marco è considerato un personaggio di spicco della criminalità organizzata cittadina e sarebbe secondo gli investigatori affiliato al clan Ventura.

mercoledì, marzo 08, 2006

Cosca Villabate, sequestrato storico ritrovo

PALERMO - I carabinieri del nucleo operativo e gli agenti della squadra mobile hanno sequestrato il bar ristorante Bristol, in via Emerico Amari a Palermo, su ordine del gip Pasqua Seminara. Il provvedimento scaturisce dall' inchiesta che ieri ha portato a 18 arresti dopo l'indagine coordinata dai pm della Dda di Palermo, Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio de Lucia e Nino Di Matteo sulla cosca mafiosa di Villabate.Il Bristol è un grandissimo locale, ristrutturato recentemente, che si trova davanti il porto. Secondo il pentito Francesco Campanella il bar Bristol sarebbe stato acquistato e ristrutturato da alcune persone vicine ai mafiosi di Villabate, con somme di provenienza illecita, in particolare dal traffico di cocaina proveniente dal Sudamerica.Il Bristol era un ritrovo storico per la città: frequentato per anni dai viaggiatori che si dovevano imbarcare su traghetti ed aliscafi, impiegati di banca e della Camera di commercio, giornalisti, che andavano a prendere un caffè o uno spuntino nella tavola calda in funzione da Mezzogiorno. Il nuovo locale, aperto da un paio d'anni e ristrutturato completamente con materiali e arredi di lusso, è costato centinaia di migliaia di euro e dà lavoro ad almeno 20 persone. Oltre al servizio di bar offre anche quelli di pizzeria, ristorante e pasticceria.Il presunto mafioso Nicola Mandalà, si legge nell' ordinanza di custodia cautelare che riguarda gli arresti di ieri, andava spesso nel bar, soprattutto da quando il marito della titolare, Francesco Colletti, ieri arrestato per mafia ma già agli arresti domiciliari per spaccio di droga e suo fedelissimo, aveva ricevuto la autorizzazione dal tribunale ed era tornato nel Bristol per lavorare.Secondo gli inquirenti, la pasticceria sarebbe stata in realtà proprio di Colletti: la moglie non sarebbe che una prestanome. L'attività commerciale, secondo il gip, "costituirebbe frutto del profitto dell'attività mafiosa dello stesso". La circostanza viene confermata anche dal pentito Francesco Campanella, ex presidente del consiglio Comunale di Villabate. "Colletti non era uno raccomandabile - ha detto agli inquirenti Campanella - Era referente per gli stupefacenti ed era uomo di fiducia di Antonino Mandalà e prima del 2000 piazzava slot machines truccate che rendevano bene in una serie di locali di Villabate".
8 Marzo 2006

Sequestro beni a presunto mafioso

AGRIGENTO - La Direzione investigativa antimafia ha sequestrato immobili e terreni, per un valore di 2.400.000 euro, a Calogero Di Caro, ritenuto capo della famiglia mafiosa di Canicattì. Di Caro, che a marzo del 2004 era stato arrestato su ordine del gip di Palermo, nell'ambito dell' operazione 'Alta Mafia', in cui è stato coinvolto anche il deputato regionale dell'Udc Vincenzo Lo Giudice, è sotto processo per associazione mafiosa.

martedì, marzo 07, 2006

Arrestati due sindaci e due imprenditori

PALERMO - Manager di una società romana, professionisti, imprenditori, politici e commercianti sono stati arrestati questa mattina su richiesta della Dda di Palermo nell'ambito di una operazione congiunta dei carabinieri del Comando provinciale e della squadra mobile del capoluogo siciliano. Gli arresti sono stati effettuati nelle province di Palermo, Roma, Catania, Modena e Ravenna. I provvedimenti cautelari firmati dal gip Pasqua Seminara sono 18 e gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione e corruzione.L'operazione coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio de Lucia e Antonino Di Matteo, ruota attorno alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella, ex presidente del Consiglio comunale di Villabate, sciolto per sospette infiltrazioni mafiose nel 2001 e nel 2003 e di Mario Cusimano, indicato come un elemento di spicco della famiglia mafiosa di Villabate.L'inchiesta punta ai retroscena per la realizzazione del piano commerciale di Villabate all'interno del quale era prevista la costruzione di un grande centro commerciale, che avrebbe offerto almeno mille posti di lavoro. Di questo progetto si stava occupando una società di Roma i cui vertici sono stati arrestati stamani per corruzione. Con loro anche due architetti incaricati di realizzare il piano e, infine anche il sindaco di Villabate, tutti accusati di concorso esterno in associazione mafiosa.In manette è finito anche l'attuale reggente della famiglia mafiosa di Villabate e diversi affiliati alla cosca. I flussi finanziari relativi a diverse tangenti sono stati ricostruiti dai finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo che collabora alle indagini. I carabinieri hanno arrestato l'ex sindaco di Catania, Francesco Lo Presti, di 63 anni, accusato di corruzione. Il politico è titolare di una società di intermediazione in cui sarebbero transitate tangenti di cui ha parlato il collaboratore di giustizia Francesco Campanella. Lo Presti, esponente del Psdi poi confluito nel Ccd, è stato sindaco di Catania dal 10 marzo al 27 giugno del 1992, alla guida di una giunta Dc-Pri-Pli. In passato è stato indagato ma poi prosciolto, in qualità di assessore della giunta Bianco del 1990, nell'inchiesta sulla gestione dell'Agenzia per lo sviluppo economico e occupazionale. Nel 1996 Lo Presti è stato indagato per corruzione per una presunta tangente da 1,5 miliardi di lire che sarebbe stata chiesta ai titolari di due consorzi edili. In quell' occasione i vertici del Ccd lo espulsero dal partito.Insieme a Lo Presti, arrestato a Catania, è finito in carcere anche l'ex sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino, di 36 anni, accusato di concorso in associazione mafiosa. Carandino è rimasto in carica fino al 2003, quando il comune di Villabate è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.I manager della Asset srl di Roma, Paolo Pierfrancesco Marussig, di 56 anni, e Giuseppe Daghino, di 47 anni, sono stati arrestati a Roma nell'ambito dell'inchiesta sulla famiglia mafiosa di Villabate. I due provvedimenti sono stati eseguiti a Roma dai militari del Comando provinciale della Capitale e da quelli del capoluogo siciliano. Marussig e Daghino erano soci e di fatto, come emerge dall'inchiesta, entrambi amministratori della "Asset development srl" che era stata incaricata di progettare e realizzare un grande centro commerciale a Villabate, attorno al quale sarebbero ruotati gli interessi dei boss mafiosi della zona. Entrambi gli arrestati sono accusati di corruzione. Il giudice ha concesso loro gli arresti domiciliari. Giuseppe Daghino è indicato come il managing partner Asset Group, che ha uffici a Roma, Milano e Torino.L'inchiesta sulla famiglia mafiosa di Villabate si è estesa anche all'Emilia Romagna. I carabinieri dei reparti operativi di Modena e Ravenna hanno arrestato a Nonantola (Modena), Vincenzo Alfano, di 48 anni, originario di Palermo, e Giampiero Pitarresi, di 30, bloccato a Massa Lombarda (Ravenna). Entrambi sono accusati di associazione mafiosa. Pitarresi è titolare di attività imprenditoriali che sarebbero collegate ai boss di Villabate, in particolare con Antonino Mandalà. È accusato anche di "avere fatto parte del gruppo che in più occasioni ha fornito ausilio al boss latitante Bernardo Provenzano in occasione delle trasferte che ha svolto in Francia per sottoporsi a cure mediche specialistiche". Vincenzo Alfano è accusato di avere messo a disposizione della famiglia mafiosa di Villabate le proprie società, tra le quali la C.G.A. Costruzioni, "al fine di acquisire appalti pubblici e di reinvestimento di ingenti somme di denaro di provenienza illecita".L'operazione ha messo in luce vari aspetti criminali della famiglia mafiosa di Villabate. L'inchiesta intreccia gli affari dei boss con la politica e l'imprenditoria e mette in risalto le protezioni date alla latitanza del capomafia Bernardo Provenzano. Uno dei 18 provvedimenti richiesti dai pm della Dda riguarda Antonino Mandalà, ritenuto il capomafia di Villabate e padre di Nicola, arrestato nel gennaio dello scorso anno perchè accusato di avere organizzato il viaggio di Provenzano a Marsiglia, dove il boss è stato sottoposto ad intervento chirurgico.L'uomo, che già in passato era finito in carcere per mafia ed è sotto processo insieme al deputato di FI, Gaspare Giudice, è adesso nuovamente accusato di associazione mafiosa. Mandalà è stato uno dei primi politici in Sicilia che istituì un club di Forza Italia a Villabate, poi chiuso dal partito.Secondo i pentiti Francesco Campanella e Mario Cusimano, il boss Antonino Mandalà, detto "l'avvocato", aveva grande influenza sulla gestione dell'attività comunale, tanto che imponeva al sindaco Lorenzo Carandino, arrestato stamani per concorso in associazione mafiosa, scelte amministrative, in particolare sul nuovo piano commerciale che il consiglio comunale doveva varare per far realizzare il centro commerciale su cui ruotano interessi di boss, politici e manager Perquisizioni sono in corso in diverse zone della Sicilia, a Roma, Bologna e Modena.
7 Marzo 2006

Quattro arresti per estorsione

SIRACUSA - I carabinieri del comando provinciale di Siracusa hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare nei confronti di quattro persone per concorso in estorsione aggravata e tentata estorsione in danno di alcuni commercianti e imprenditori edili del comune di Melilli, costretti, con minacce, a versare somme di denaro e merce varia.In manette sono finiti Sebastiano Zimmitti, 34 anni e Antonino Puglia, 39 anni, arrestati nell'ambito dell'operazione 'Risveglio 2' che aveva già portato agli arresti di Antonello Costanzo Zammataro, 32 anni, e Gianluca Zimmitti, 25 anni.L'indagine ha rappresentato la conclusione dell'inchiesta avviata lo scorso febbraio. Secondo gli investigatori nel periodo ottobre 2005-febbraio 2006 i quattro uomini avrebbero compiuto una serie di attività estorsive a Melilli. I due fratelli Zimmitti avrebbero avuto il compito di individuare le vittime, avanzando una prima richiesta di denaro. Qualora l'esito fosse stato negativo, sarebbero scattate le minacce. Tre commercianti avrebbero rifiutato di pagare il pizzo mentre un imprenditore edile avrebbe versato agli estortori duemila euro. Antonello Costanzo Zammataro è accusato inoltre di ricettazione, porto, detenzione e occultamento di armi e di munizioni sequestrate lo scorso 11 febbraio in un terreno di sua proprietà. L'inchiesta è stata coordinata dal pm Andrea Palmieri.

lunedì, marzo 06, 2006

Ecco i benefici della Cirielli

PALERMO - Il gup Maria Elena Gamberini ha rinviato a giudizio Fabrizio Bignardelli, ex assessore della provincia di Palermo e attuale segretario particolare del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro: è accusato di corruzione. Secondo gli inquirenti Bignardelli, avrebbe incassato nel periodo in cui era assessore, una tangente da parte del presidente di una cooperativa per favorirla nell'aggiudicazione di gare d'appalto.

I fatti risalgono al periodo compreso tra la fine del 1995 e il dicembre 1998. Sono tre gli episodi contenuti nel capo di imputazione e contestati dal pm Paolo Guido. Il giudice per i primi due fatti ha ritenuto prescritto il reato in base alla legge Cirielli. L'apertura del processo è stata fissata per il 6 giugno 2006 e in quella data, sempre in base alla legge Cirielli, anche il terzo episodio di corruzione sarà dichiarato prescritto.

6 Marzo 2006

giovedì, marzo 02, 2006

Assesore aggredito e pestato a Gela

GELA (CALTANISSETTA) - L'assessore all'istruzione del comune di Gela, Luciano Vullo, è stato aggredito da sconosciuti, poco dopo le 11,30, nel quartiere "Piano Notaro", nel piazzale retrostante il liceo scientifico "Elio Vittorini", di cui è preside. Vullo è stato colpito con calci e pugni ed ha subito numerose ferite alla testa e in varie parti del corpo. I malviventi, due giovani dell'apparente età di 20 anni, sono poi fuggiti in sella a un ciclomotore. Sono stati alcuni alunni dell'istituto ad accorgersi, poco dopo, del loro preside che si trovava a terra, sanguinante e che invocava aiuto.
Trasportato in ospedale, Vullo è stato medicato e ricoverato in osservazione in cardiologia, dove in passato è stato sottoposto a terapia intensiva per una cardiopatia. La prognosi è di sette giorni. Indagini sono state avviate dalla polizia. Si cerca di accertare se l'aggressione è collegabile all'attività di Vullo come dirigente scolastico o come assessore comunale.
Numerosi i messaggi di solidarietà e di condanna per il vile gesto. Tra le prime telefonate che gli sono pervenute c'è quella del sindaco, Rosario Crocetta.
2 Marzo 2006

Le vittime non si devono dimenticare