mercoledì, agosto 09, 2006

Confermato 41 bis a Troia

ROMA - È stato confermato il carcere duro per il boss di cosa nostra, Antonino Troia, ritenuto dagli inquirenti capo della famiglia di Capaci. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso presentato dai legali del detenuto contro l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Bologna che rigettava la richiesta di sospensione del regime carcerario previsto dall'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario, disposto a carico del padrino nel dicembre 2005.
Secondo la prima sezione penale della Suprema Corte - sentenza 28382 - il tribunale bolognese ha considerato opportunamente "i molteplici elementi dai quali desumere l'attualità dei legami mantenuti con il contesto delinquenziale del Troia, inserito nell'organizzazione criminale con il ruolo apicale di capo della famiglia mafiosa di Capaci (tutt'ora operante e pericolosa)".
Il boss deve scontare diversi ergastoli per omicidio. Secondo gli inquirenti, avrebbe anche partecipato alla preparazione della strage di Capaci nella quale furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.
Antonino Troia, per i supremi giudici, "è stato protagonista di vicende giudiziarie di estrema gravità" e non ha manifestato alcun "comportamento sintomatico di ravvedimento e di rescissione del vincolo con l'organizzazione di appartenenza". Per la Cassazione quindi il ricorso è "inammissibile". Al boss saranno addebitate le spese processuali sostenute per il ricorso ed una multa di 500 euro da versare alla Cassa delle ammende.
08/08/2006
Fonte: La Sicilia

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