venerdì, settembre 29, 2006

Ancora su Saint Vincent

Il blitz Operazione nel cuore della notte su segnalazione dei magistrati siciliani: altri 12 arresti, lo scandalo travolge la casa da gioco valdostana Riciclava soldi al casinò, preso mentre tenta la fuga Sessantenne bloccato dalla polizia al valico di Brogeda. Per la Dia di Palermo ripuliva denaro mafioso a Saint Vincent
«Sto andando a Campione» avrebbe spiegato agli agenti che lo fermavano in dogana, anche se in realtà, almeno per questa volta, il casinò dell'énclave non c'entrerebbe davvero nulla. Michele Maiorana, "porteur" trapanese di 59 anni frequentatore assiduo di case da gioco nonché, secondo i magistrati palermitani che ne hanno richiesto l'arresto, specialista del ramo riciclaggio, stava semplicemente cercando di scappare in Svizzera. Via, il più lontano possibile, prima che qualcuno si risolvesse ad adottare una soluzione che, evidentemente, era nell'aria. La polizia di frontiera di Ponte Chiasso, attivata dalla Direzione distrettuale antimafia siciliana, lo ha bloccato l'altra notte sul confine, a pochi metri dalla libertà. In carcere, con lui, sono finite altre dodici persone, accusate a vario titolo di avere riciclato, per conto dei boss mafiosi di Villabate, nel Palermitano, denaro proveniente da attività di azzardo clandestino, da estorsioni, da traffico di droga, il tutto tramite i tavoli da gioco del casinò di Saint Vincent. Coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone, e dai sostituti Maurizio De Lucia e Gino Cartosio, l'inchiesta avrebbe accertato l'esistenza di un gruppo di persone vicine al boss Nicola Mandalà, pezzo da novanta delle organizzazioni criminali siciliane, già detenuto per mafia e accusato, tra l'altro, di avere gestito gli ultimi anni di latitanza di Bernardo Provenzano, per conto del quale avrebbe anche organizzato il famoso viaggio di "salute" a Marsiglia. La figura di Maiorana è, secondo gli inquirenti, assolutamente centrale nell'inchiesta. Gestiva un gruppo di scommettitori siciliani forte di un rapporto privilegiato (suo e dello stesso Mandalà) con la direzione della casa da gioco valdostana. Secondo quanto riferito da un pentito, ex amministratore del comune di Villabate, i due amici godevano in valle di un trattamento davvero riguardoso, simile a quello riservato a tutti i grandi giocatori dei migliori casinò d'Europa, a partire da quello di Campione. Disponevano di carte oro, soggiornavano e cenavano gratuitamente, erano insomma di casa. Soprattutto, dicono i pm, ottenevano, in virtù di dirigenti compiacenti, una serie di deroghe non solo alle norme della casa da gioco ma anche alle leggi dello Stato. Mandalà e Maiorana potevano depositare assegni fino a 100mila euro, ricevendone, in cambio, fiches. In caso di vincita avrebbero dovuto, in base alle regole, ritirare quegli assegni ma grazie ai loro buoni contatti, raggirando le norme antiriciclaggio, ed elargendo laute mance ai cassieri, i boss convertivano fiches esclusivamente in contanti. «In questo modo - sostengono gli inquirenti - Mandalà risultava, formalmente, sempre un giocatore perdente (anche quando vinceva, perché, non avendo ritirato i propri assegni, risultava aver perduto, ai tavoli da gioco, l'intera somma portata dai titoli) e questo comportava una maggiore provvigione al porteur che lo aveva accreditato, e cioè a Maiorana». Con questo sistema, tra il 2001 e il 2005 avrebbero ripulito una decina di milioni di euro.
Fonte: La provincia di Como

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