venerdì, settembre 01, 2006

La vera storia dell'omicidio Calcagno...

Era il 18 maggio del 2003, quando a Valguarnera un commando omicida fece fuoco e uccise Domenico Calcagno, 44 anni, imprenditore, sorvegliato speciale di Ps. Un omicidio efferato e di chiaro stampo mafioso, visti i precedenti di Domenico Calcagno. Un omicidio che è entrato prepotentemente nella storia valguarnerese come il primo omicidio di mafia. Valguarnera, un paese apparentemente tranquillo, fu sconvolto da una esecuzione ordinata da Cosa Nostra. Erano da poco passate le 20 di una serena domenica primaverile. Domenico Calcagno, detto Mimmo, stava rincasando nella sua abitazione di via Sicilia 2. Calcagno era ancora a bordo della sua Mercedes 250 di colore blu, quando i sicari, appostati nelle vicinanze, lo freddarono con tre colpi di lupara. La Mercedes, guidata da Calcagno, oramai senza nessun controllo, aveva proseguito la sua marcia ed aveva investito una signora valguarnerese che assieme al marito si trovava a passare per quella strada per raggiungere la vicina chiesa di San Giovanneo Bosco, che si trova appena alle spalle di casa Calcagno. La signora investita dall'automobile fuori controllo, per fortuna, se la cavò senza gravi conseguenze. Ma l'omicidio di Mimmo Calcagno fu eseguito senza nessuna remora e timore di essere visti. A pochi metri di distanza dal luogo del delitto, infatti, una folla di centinaia di persone si trovava dinanzi al sagrato della chiesa di San Giovanni Bosco, ad attendere l'uscita del fercolo del Santo. Con ogni probabilità, lo sparo dei mortaretti che salutava l'uscita dalla chiesa di San Giovanni Bosco, coprì i tre colpi sparati dal fucile automatico usato dai killer, che dal finestrino opposto a quello di guida, freddarono, Mimmo Calcagno, colpendolo alla testa. I tre colpi dei sicari, non sentiti nell'immediatezza, fecero tanto rumore nelle coscienze dei valguarneresi onesti e in quanti credevano che omicidi, minacce ed estorsioni, potessero avvenire solo in altre parti della Sicilia e non in quell'apparente oasi di pace che sembrava e sembra essere Valguarnera. I killer di Calcagno si dileguarono con facilità, visto che il civico 2 di via Sicilia, è uno degli immobili che si trova alla periferia del paese. Sul posto arrivarono, carabinieri, polizia, vigili urbani, guardia forestale. E mentre le urla strazianti dei familiari di Calcagno, che lasciava la moglie e tre figli, raggelavano l'intero rione, una enorme folla di curiosi, per alcune lunghe ore, assistette alle operazioni di rito e all'arrivo di numerosi ufficiali dei carabinieri e della polizia. Quando sul luogo del delitto, arrivò anche Roberto Condorelli, sostituto procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, ogni possibile dubbio dello zampino di Cosa nostra sull'esecuzione di Mimmo Calcagno, si diradò. Per consentire tutti i rilevamenti del caso ed agevolare il lavoro della Scientifica, il 18 maggio del 2003, la scena del delitto fu illuminata dalle cellule fotoelettriche dei vigili del fuoco. Non appena quelle luci si spensero e passati i classici ed emotivi giorni del lutto, a Valguarnera, tutto ritornò alla "normalità ". Una normalita' apparente, dove negli anni che sono seguiti, gli incendi notturni di autovetture sono stati decine e tutti impuniti. Come impuniti restano gli incendi di farmacie, studi medici, portoni di abitazioni private e danneggiamenti vari a politici e cittadini privati. Quando qualcosa accade se ne parla solo per qualche giorno e poi le luci sono nuovamente spente. In questi tre anni c'è chi le luci sull'omicidio Calcagno non le ha mai spente e arrestando i presunti mandanti di un efferato delitto come quello del 18 maggio 2003, ha dimostrato che ogni vita, in qualunque modo possa essere vissuta, nessuno ha il diritto di toglierla.

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