giovedì, ottobre 12, 2006

L'agenda misteriosa

Caltanissetta. Chiusa l'inchiesta della procura di Caltanissetta, secondo quanto si è appreso, sulla scomparsa dell'agenda che Paolo Borsellino aveva con sé fino al giorno della strage di via d'Amelio. Il pm, Rocco Liguori, ha depositato gli atti sull'ex responsabile del reparto operativo dei carabinieri di Roma, il ten. col. Giovanni Arcangioli, indagato per false dichiarazioni all'autorità giudiziaria, che rischia ora una richiesta di rinvio a giudizio. Il nominativo dell'ufficiale dell'Arma era finito nel registro degli indagati della procura nissena in seguito a quanto da lui dichiarato in due audizioni del maggio 2005 e febbraio 2006 in qualità di testimone. L'ipotesi accusatoria è fondata sulla ricostruzione della scomparsa dell'agenda dell'allora procuratore aggiunto di Palermo fatta da Arcangioli. Quest'ultimo avrebbe ipotizzato, pur non avendo, dato il tempo trascorso, chiari e nitidi ricordi di quello specifico frangente, di aver aperto la borsa davanti a Giuseppe Ajala, intervenuto in via D'Amelio subito dopo l'attentato e di non aver visto alcuna agenda. Una ricostruzione, quest'ultima, smentita, stando alle indiscrezioni, dallo stesso Ajala. Arcangioli, recentemente promosso ad altro incarico è l'ufficiale dei carabinieri che appare in alcune immagini girate subito dopo la strage di via D'Amelio, con la 24 ore di Borsellino in mano. L'agenda in cui il magistrato, secondo quanto riferito dal tenente dei carabinieri Carmelo Canale, avrebbe riportato i propri appunti riservati, sarebbe scomparsa dalla borsa ritrovata sull'auto del magistrato dopo l'esplosione avvenuta il 19 luglio 1992. «Pur nel massimo rispetto della autorità giudiziaria procedente - commentano i difensori di Arcangioli - si deve sottolineare che l'indagine in corso colpisce gravemente l'onore e la professionalità di un fedele servitore dello Stato. Appartiene all'ovvio che a distanza di 14 anni i ricordi non possono essere nitidi e anzi sarebbe grave il contrario. Ci sarebbe da chiedersi perché filmati presenti da allora non siano stati esibiti al nostro assistito...». Tra l'altro, secondo i difensore dell'indagato, il reato ipotizzato dalla magistratura nissena sarebbe stato commesso a Roma (luogo cui le dichiarazioni sono state fatte) e quindi la competenza sarebbe dei pm della capitale.
Fonte: La Sicilia

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