lunedì, ottobre 30, 2006

Ricordando Di Rudinì

L'archivio della memoria orale conserva più verità di quanto non si supponga: i fatti tramandati di generazione in generazione acquistano col tempo un sapore di leggenda e si caricano di fantasie popolari e del peso delle tradizioni, ma non perdono l'autenticità. E il volume di Gaspare Di Mercurio «La settimana dell'anarchia del 1866 a Palermo. Antonio Rudinì primo sindaco contro la mafia», edito da Ila Palma, oltre a contenere gli esiti di accurate ricerche bibliografiche e documenti d'ufficio, riporta storie raccontate da anziani, mai state scritte.
Rivive in queste pagine di Gaspare Di Mercurio la figura di Rudinì, che prese posizione contro la mafia, la quale, sfruttando il malcontento delle popolazioni siciliane dopo il compimento dell'Unità d'Italia, tesseva le sue trame, ammantate di rivendicazionismo politico. La fiducia riposta negli uomini che avevano guidato la campagna meridionale e collaborato ai governi di Vittorio Emanuele II, si era affievolita, man mano che la Sicilia diventava terra di conquista della burocrazia piemontese e dei grandi elettori locali, che con la livrea del perbenismo erano riusciti ad impadronirsi delle leve del potere.
Un capitolo estremamente interessante è quello dei «mandanti impuniti». Scrive Di Mercurio: «Era assurdo pensare che l'arcivescovo di Palermo, i monsignori, i padri guardiani di alcuni conventi, le badesse di monasteri, buona parte del clero e quella larga frangia dell'aristocrazia rimasta legata ai Borboni sarebbero dovuti salire sul banco degli imputati, ed essere condannati come mandanti e responsabili dei luttuosi episodi della settimana dell'anarchia».
Il sindaco Antonio di Rudinì con molto coraggio denunciò: «Nella lotta tra il delinquente ed il governo, il siciliano onesto rimaneva indifferente, chiudeva gli occhi, ma simpatizzava per il delinquente». Rudinì al giovane Leopoldo Notarbartolo ebbe a dire dopo la scandalosa sentenza di assoluzione dell'on. Raffaele Palizzolo: «Se sei certo che Palizzolo sia il mandante dei sicari di tuo padre, non resta che farti giustizia da te». Era il tardivo risveglio di quell'animus siciliano?
Fonte: La Sicilia

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