sabato, dicembre 16, 2006

Cuffaro,ringrazia il cielo....Incredibile e indignante...

PALERMO — Voleva cambiare l'accusa in un reato più grave, non c'è riuscito, se ne va. Uno dei tre pubblici ministeri che sostengono l'accusa contro il presidente della Regione Salvatore Cuffaro, imputato di favoreggiamento a Cosa Nostra, ha deciso di abbandonare il processo. Dopo mesi di discussioni e scambi di lettere coi colleghi, il sostituto procuratore palermitano Nino Di Matteo ha scritto al capo dell'ufficio Francesco Messineo chiedendo di essere esonerato dall'incarico. Motivo della scelta: a suo giudizio bisognava mutare il capo di imputazione contestando a Cuffaro il concorso in associazione mafiosa, per i nuovi elementi emersi dal dibattimento e per uniformità di valutazione con altri imputati in altri processi. Ma gli altri colleghi che con lui gestiscono il dibattimento non sono d'accordo, e alla fine Di Matteo ha preferito uscire di scena. La questione va avanti da mesi. Lunedì s'è svolta l'ultima riunione di tutta la Direzione distrettuale antimafia, che ha evidenziato una insanabile divisione dell'ufficio. Circa metà dei sostituti sono d'accordo con Di Matteo, l'altra metà no. Preso atto della situazione, e constatato che la maggioranza dei pm che sostengono l'accusa (gli unici che possono decidere in totale autonomia) è rimasta dell'idea di non cambiare il capo d'imputazione, Messineo non ha potuto far altro che lasciare le cose come stanno. L'indomani Di Matteo gli ha scritto che non può continuare a sedere sul banco dell'accusa. Alla base del contrasto c'è una diversa lettura delle nuove «emergenze processuali». Ciò che per Di Matteo serve a trasformare Cuffaro da «favoreggiatore» a «concorrente » dell'associazione mafiosa, secondo gli altri pm Maurizio De Lucia e Michele Prestipino (d'accordo con il procuratore aggiunto Pignatone che coordina questo gruppo di lavoro) torna utile a rafforzare il reato attuale, non a individuarne un altro. Di Matteo, spalleggiato da quella parte di Procura che già in passato ha contestato la scelta «minimalista» dell'ex procuratore Piero Grasso, sostiene che non è così; tanto che lui ha ottenuto pochi giorni fa la condanna dell'ex assessore comunale dell'Udc Domenico Miceli a 8 anni di carcere proprio per concorso in associazione mafiosa, sulla base di elementi che ritiene possano riferirsi anche a Cuffaro. Come, ad esempio, la genesi della candidatura di Miceli alle elezioni del 2001, ritenuto il frutto di una trattativa a distanza tra Cuffaro e il capomafia del quartiere Brancaccio Giuseppe Guttadauro. Questa tesi il pm Di Matteo l'ha sostenuta apertamente nel processo contro Miceli (dove sedeva accanto al collega Gaetano Paci) e ora non ritiene di poter sostenere qualcosa di diverso in un altro dibattimento dove l'imputato si chiama Salvatore Cuffaro. Replicano gli altri pm De Lucia e Prestipino: la prova dell'accordo a tre Guttadauro-Miceli- Cuffaro non è emersa in maniera chiara, è possibile che Miceli abbia condotto due trattative parallele, sul versante mafioso con Guttadauro e su quello politico con Cuffaro; il collegamento diretto Guttadauro- Cuffaro non risulta, e gli elementi emersi nel dibattimento possono servire ad aprire una nuova indagine, non a chiedere e ottenere una condanna per il reato di più grave di quello contestato finora. Le divergenze e le differenti letture degli stessi atti giudiziari riguardano anche altre «emergenze» del processo, come alcune dichiarazioni del neo-pentito Campanella e del pentito di più antica data Angelo Siino. Inoltre ci sarebbero altre novità venute alla luce attraverso indagini diverse che non sono state ancora riversate nel dibattimento contro Cuffaro, che avvicinandosi alla dirittura d'arrivo ha perso un accusatore. In realtà le tesi di Di Matteo non sono frutto di un ripensamento dell'ultima ora. Prima dell'estate il pm le aveva già espresse ai colleghi d'udienza, all'inizio di novembre aveva scritto al neo-procuratore Messineo e quella di lunedi è stata la terza riunione della Dda dedicata a questo argomento. Nemmeno le divisioni sull'accusa a Cuffaro sono una novità per l'antimafia palermitana. Già nel luglio del 2004, a conclusione delle indagini preliminari, si pose la stessa questione. Quando si decise di chiedere il rinvio a giudizio di Cuffaro per favoreggiamento aggravato un altro dei pm a cui era assegnato il fascicolo, Gaetano Paci, espresse il suo dissenso perché riteneva si dovesse contestare il concorso esterno con la mafia. Rimase solo e uscì dall'indagine. Allora Di Matteo si schierò a favore della scelta dell'ufficio, insieme al procuratore Grasso e a Pignatone, De Lucia e Prestipino. Dopo un anno di dibattimento, però, ha cambiato idea. E ora se ne va anche lui, che con Paci era l'originario titolare all'inchiesta.
Fonte: Corriere della sera
De Lucia e compagnia bella dicono che forse Miceli conduceva due situazioni parallele tra Cuffaro e Guttadauro... Ma per favore!!! Vorrebbero farci credere che Cuffaro non sapeva niente dei collegamenti tra Miceli e Guttadauro... Bel modo per salvare Cuffaro... Dopo Paci va via anche Di Matteo... Che schifo, è l'unica cosa che posso dire...
Saverio Fuccillo

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