venerdì, dicembre 01, 2006

Luce sulla mafia ennese

Caltanissetta. Si è aperto ieri, dinanzi al Gup di Caltanissetta, il processo col rito abbreviato nei confronti dei collaboratori di giustizia Liborio Di Dio, del figlio Angelo e di Filippo Speziale. I tre «pentiti» devono rispondere di una sfilza di reati tra i quali 4 omicidi, almeno due tentati omicidi, associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni. Si tratta di tutti i reati loro contestati nei vari processi nei quali le loro posizioni sono state stralciate perché, appunto, collaboratori di giustizia. Il pm Roberto Condorelli, nella sua requisitoria, ha chiesto, per tutti i reati ascritti, la condanna a 16 anni per Liborio Di Dio, e a 12 anni e 6 mesi per Angelo Di Dio e Filippo Speziale, comprese, con la continuazione, anche le condanne già pronunciate. Gli imputati hanno confessato i reati loro contestati e di alcuni si sono anche autoaccusati. Liborio Di Dio, cognato di Gaetano Leonardo e capomafia di Barrafranca, fino a prima di "saltare il fosso" e collaborare con i magistrati, è accusato di 4 omicidi, tra i quali quello di Gioacchino Romeo e Antonino Timpanaro, dei tentati omicidi del nipote Angelo Leonardo, figlio di Gaetano, consumato a Enna bassa, e di Salvatore Privitelli, messo a segno nelle campagne di Nicosia, di numerose estorsioni tra le quali quelle sui lavori del depuratore Sireri di Enna. Angelo Di Dio e Filippo Speziale devono, invece, rispondere degli omicidi Timpanaro e Romeo e dei tentati omicidi di Angelo Leonardo e di Privitelli. Alla prossima udienza la parola passerà alle difese dei collaboratori, che, con le loro dichiarazioni, hanno permesso di far luce su oltre 10 anni di guerra di mafia, ma anche sui meccanismi con i quali Cosa nostra ennese gestiva affari illeciti, quali le estorsioni sui lavori pubblici ma anche sui metodi grazie ai quali e si era infiltrata in grandi appalti, grazie alle intimidazioni con le quali venivano imposti acquisti di materiali e calcestruzzo da imprese riconducibili a Tano Leonardo ed ai suoi fiancheggiatori. Si tratta di tre collaboratori di giustizia le cui rivelazioni sono state determinanti per i magistrati della Dda di Caltanissetta e per gli inquirenti, a chiarire le circostanze nelle quali maturò la guerra di mafia tra la fine degli anni '90 ed i primi del 2000.
Fonte: La Sicilia

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