giovedì, marzo 29, 2007

Banche? Più disponibili con la mafia

ROMA - Le banche? sono più disponibili verso i mafiosi piuttosto che nei confronti dello Stato. L'autorevole denuncia è venuta dal questore di Palermo, Giuseppe Caruso, nel corso di un'audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia. Convocato per fare il punto con il collega di Napoli, Oscar Fioriolli, sull'applicazione delle leggi su sequestro e confisca dei beni alla criminalità organizzata, Caruso non è stato tenero con gli istituti di credito.
Raccontando l'esperienza positiva fatta a Palermo da alcuni giudici che hanno assunto l'amministrazione diretta di aziende sequestrate alla mafia, garantendo così tra l'altro il mantenimento dei posti di lavoro, il questore ha riferito degli "ostacoli" incontrati da questi magistrati nel reperimento di finanziamenti."Le banche, spesso disponibili verso i mafiosi, chiedono allo Stato garanzie più onerose di quelle domandate agli stessi mafiosi" ha detto Caruso, che ha lamentato anche la "scarsa collaborazione" degli istituti di credito con le forze di polizia nei procedimenti per ottenere la confisca dei beni ai clan. Un comportamento che finisce con l'allungare i tempi e che andrebbe colpito con "sanzioni di natura economica". Dal questore di Palermo - che ha tra l'altro suggerito l'utilizzo immediato delle autovetture sequestrate ai mafiosi, magari assegnandole alle forze di polizia o adibendole a servizi di pubblica utilità come il trasporto di persone handicappate- è venuta un'altra bordata al mondo delle imprese, o almeno a quelle che scendono a compromessi con la mafia per gli indubbi "vantaggi", in termini soprattutto di aggiudicazione degli appalti, che derivano dall'apparentamento con i clan. "Da molte indagini è emerso che spesso l'accordo con la mafia è ricercato dallo stesso imprenditore"; un fenomeno che rappresenta "un grave fattore di condizionamento e squilibrio del mercato". Un allarme sui tempi troppo lunghi per il sequestro dei beni alla camorra, dovuti al "numero esiguo" dei magistrati che se ne occupano a Napoli, è stato lanciato, dati alla mano, dal questore del capoluogo campano: "i beni vanno sottratti in tempi rapidi e quando hanno ancora un valore economico. Noi invece sequestriamo aziende che al momento dell'utilizzazione non valgono più niente.E questa è una sconfitta per lo Stato". Nel capoluogo campano nel 2004 dopo la cosiddetta guerra di Scampia fu istituita una task force per il sequestro dei beni alla criminalità organizzata: l'unità "ha dato un grande impulso", ha riferito Fioriolli, tant'è che "abbiamo triplicato le nostre proposte di sequestro", schizzate nel 2005 a 86, a fronte delle 13 di tre anni prima. Ma non si è avuto "altrettanto impegno" dall'autorità giudiziaria; "la nostra azione è stata vanificata" ha lamentato il questore, riferendo che meno della metà di quelle proposte sono sfociate in un sequestro.Immediata la risposta dell'Abi, l'associazione bancaria italiana: "È inaccettabile accostare alla mafia il settore bancario, che contribuisce in maniera determinante allo sviluppo e al progresso dell'economia operando nel pieno rispetto delle regole". "Se il questore che ha rilasciato oggi tali affermazioni è in possesso di elementi concreti, nell'ambito di singole situazioni, - sottolinea in una nota l'Abi - proceda a segnalarli nelle forme dovute. Non è ammissibile screditare un intero comparto di imprenditori e lavoratori che quotidianamente svolgono il proprio lavoro nella piena legalità e a sostegno dell'economia sana e che collaborano attivamente con le istituzioni e l'autorità giudiziaria nel contrasto del riciclaggio, dell'usura e della criminalità organizzata".
28/03/2007
Fonte: La Sicilia

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