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sabato, gennaio 26, 2008
Che eroe che e' adesso... In un paese normale sarebbe stato il minimo..
"Non potevo lasciare che ogni mia decisione fosse assunta senza conoscere la volontà dell'Assemblea Regionale. Le odierne dimissioni non sono, dunque, frutto di alcun automatismo. Esse costituiscono, invece, una scelta personale, assunta per ragioni umane e politiche". Ha detto nel suo discorso all'Ars, il presidente della Regione Salvatore Cuffaro, spiegando così i motivi che lo hanno indotto a dimettersi dalla carica.
"Insieme a tantissime manifestazioni di affetto e sostegno politico ho visto diffondersi, in questi giorni, una crescente ostilità verso la mia persona. Un sentimento che non mi appartiene nè culturalmente nè politicamente ed al quale in questi anni non ho saputo nè voluto dare spazio".
"E siccome, il popolo, più che i salotti o le manovre di palazzo, è sempre stato l'elemento centrale della mia esperienza politica - ha aggiunto - anche in questa circostanza così delicata non voglio sottrarmi a un confronto leale con esso".
"In questi anni alla guida del governo regionale - ha proseguito Cuffaro - ho sempre cercato di tessere le ragioni dell'unità e del bene comune, in una terra straordinaria e difficile come la nostra. Sarebbe, perciò, risultato insopportabile alla mia coscienza l'idea di potere costituire, con la scelta di rimanere in carica, un fattore di divisione e contrapposizione sociale. Tutto ciò avrebbe alimentato ulteriori polemiche, poco utili, peraltro, a riaffermare il vero significato di atti e di eventi che, dal giorno della sentenza, ho visto quotidianamente distorti".
"Francamente preferisco la via dell'umiltà. Lo faccio per non tradire quegli ideali ai quali sono stato educato, lo faccio per la mia famiglia e lo faccio come ultimo atto di rispetto verso i siciliani, che in questi anni ho servito con dedizione, semplicità e con quella onestà che sono certo mi verrà completamente riconosciuta".
"Fino a quando non ci sarà una sentenza definitiva - ha spiegato - ci sarà una verità processuale e una verità sostanziale. Con la mia decisione rispetterò la prima, in coerenza con il comportamento che ho tenuto in questi anni nei confronti della magistratura e delle istituzioni, ma con determinazione - ha concluso il Governatore - mi batterò, in tutte le sedi, per l'affermazione della verità sostanziale, a difesa della mia vita pubblica e privata".
"Ho vissuto anni di intensa sofferenza confortato, oltre che dall'affetto di tanti siciliani, dalla cristiana consapevolezza che nella vita di un uomo essa non è mai vana".
"Mi ha confortato - ha aggiunto - il riconoscimento, anche da parte del giudice, di quanto nel mio cuore era stato sempre certo: ossia l'assoluta estraneità del mio agire e del mio sentire, pubblico e privato, alle finalità di un'organizzazione come la mafia".
"Ma tale sollievo - osserva il Governatore - non mi ha mai sottratto a quell'intensa riflessione che oggi mi vede nuovamente di fronte a voi per comunicarvi le mie irrevocabili dimissioni dalla carica di Presidente della Regione".
Cuffaro spiega infine: "già al momento della sentenza sentivo dentro di me il dovere di compiere questo passo, ma ho deciso di attendere sino all'approvazione del Bilancio e della Legge Finanziaria, per senso di responsabilità verso una terra che continuerò ad amare e che in questi anni ho servito fedelmente, consegnando ad essa tutto il mio tempo e le mie energie".
Il presidente della Regione Salvatore Cuffaro ha aggiunto che comunicherà le proprie dimissioni al presidente della Repubblica. Cuffaro ha concluso il suo discorso tra gli applausi di numerosi parlamentari e di tutti i presenti sul banco del governo.
26/01/2008
Fonte: La Sicilia
Che Bravo cristiano.........
domenica, gennaio 20, 2008
Non ho parole... Sciopero per qualche giorno...
18/01/2008
martedì, gennaio 15, 2008
Stangata al clan Brunetto...
L'inchiesta, coordinata dalla Dda della Procura di Catania, riguarda il presunto clan mafioso che fa capo a Paolo Brunetto, 51 anni, che opera nella zona Ionica di Fiumefreddo di Sicilia. Tra gli arrestati, oltre allo stesso Brunetto, ci sono la moglie, Carmela Magnera, 52 anni, e il suo presunto 'guardaspalle', Attilio Amante, 44, che sarebbero gestori dell'azienda di trasporti Ambra Transit, che è tra le società sequestrate. Per la Procura di Catania Carmela Magnera durante la detenzione del marito gli sarebbe subentrata nella conduzione del gruppo criminale.
Le altre aziende alle quali le Fiamme gialle hanno posto i sigilli sono la Francesco Argiri Carrubba, gestita dall'omonimo titolare, di 26 anni, e dal padre Rosario, di 45, entrambi arrestati; e la Cosma Costruzioni di Mascali. Con l'accusa di associazione mafiosa gli investigatori hanno inoltre arrestato Salvatore Antonino Benedetto, 41 anni, Giovanni Pernicano, 63, e Lorenzo Pocorobba, 51; mentre devono rispondere di concorso in riciclaggio Salvatore Cannizzo, 65 anni, Roberto Cavallo, 41, Giuseppe Cucè, 69, Antonino Galasso, 50, Francesco Sofia, 44, e Salvatore Tardà. A quest'ultimo il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere perchè già detenuto per altra causa. Tra gli indagati raggiunti da ordine di custodia cautelare in carcere c'è anche un usciere della Banca popolare di Lodi, Vito Concetto Orazio Ingrassia, 44 anni, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l'accusa avrebbe messo a disposizione di esponenti del clan le sue conoscenze e fornito alla cosca anche informazioni sulle indagini bancarie condotte dalla guardia di finanza, che avrebbe cercato di osteggiare con un comportamento definito dagli investigatori ostruzionistico.
Dalla Procura della Repubblica di Catania si sottolinea che "l'indagine, ancora in corso, e vede il coinvolgimento di altre persone, compresi dipendenti di altri istituti di credito la cui posizione è al vaglio" della magistratura.
15/01/2008
Fonte: La Sicilia
Ci siamo...
15/01/2008
Fonte: La Sicilia
I nomi...
Il libro di Nino Amadore di nomi ne fa. Quelli dei medici degli avvocati, dei commercialisti, degli ingegneri coinvolti dalle inchieste della magistratura. Con gradi di responsabilità diversi: c'è ad esempio Giuseppe Guttadauro medico ma anche capomandamento di Brancaccio, ci sono gli avvocati Gianni Lapis e Giorgio Ghiron legati a Massimo Ciancimino e al centro di una maxi operazione di riciclaggio. Intanto gli Ordini, per agire, prendono tempo e aspettano (forse) la Cassazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Trasferta in Germania
Fonte: Adn Kronos
lunedì, gennaio 14, 2008
E a Messina...
Sono due delle conclusioni a cui è pervenuta la ricerca su "I costi dell'illegalità", promossa dalla Fondazione Chinnici e condotta nell'Isola tra il 2006 e il 2007. Lo studio sarà presentato a Palazzo Steri di Palermo durante un convegno che si aprirà venerdì pomeriggio, alle 15.30, e proseguirà sabato mattina.
I lavori saranno conclusi dal presidente del Senato, Franco Marini. Venerdì sarà il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Francesco Forgione, a tirare le conclusioni dopo gli interventi di Alessandro Pajno, sottosegretario del ministero degli Interni, e di Ettore Artioli, vicepresidente di Confindustria. A presiedere i lavori sarà il presidente del Tribunale di Palermo, Giovanni Bosco Puglisi.
Sabato a prendere la parola saranno, tra gli altri, Clemente Mastella, ministro della Giustizia; Luigi Cocilovo, vicepresidente del Parlamento europeo; il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso; il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, il procuratore aggiunto Guido Lo Forte, e Antonio Balsamo, magistrato di Cassazione.
L'assise si aprirà con un ricordo di Rocco Chinnici della figlia Caterina, procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori di Caltanissetta e vicepresidente della fondazione intitolata al padre.
14/01/2008
Fonte: La Sicilia
domenica, gennaio 13, 2008
Arrestati per "pizzauto"
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Guido Lo Forte e dai sostituti Roberta Buzzolani e Marcello Viola, partono dalle dichiarazioni del collaboratore Giuseppe Calcagno e si sviluppano in seguito all'arresto del "re del pizzo", Enrico Scalavino. I carabinieri hanno monitorato diverse attività imprenditoriali palermitane, scoprendo che Pietro Tumminia, 36 anni, si era sostituito a Scalavino nell'attività di riscossione del "pizzo" per ogni singola sede delle concessionarie. Tumminia è uno degli attuali vertici del mandamento mafioso della Noce, reggente della famiglia di Altarello.
Tra gli arrestati uno dei personaggi di spicco della famiglia mafiosa di corso Calatafimi, inserita nel mandamento di Pagliarelli, Ferdinando La Innusa, 52 anni, che faceva l'esattore del "pizzo" sotto il coordinamento di Tumminia, il quale si serviva a sua volta di un altro personaggio della propria famiglia, Daniele Formisano, 33 anni.
Fonte: La Sicilia
venerdì, gennaio 11, 2008
Pensa, sono indignati... Ma vaffanculo!!!
Il sindaco risponde dalle colonne del Giornale di Sicilia di oggi: "Non si può capovolgere il mondo. Vogliamo dipingere i ladri come santi e le guardie come demoni? Daniele Emmanuello, condannato a due ergastoli per alcuni omicidi che ha commesso, considerato uno dei più pericolosi capimafia latitanti, è caduto perché non si voleva fare arrestare, perché ha tentato di fuggire".
Fonte: vita online
Ci siamo...
"Non c'è mai stato alcun rapporto" tra il presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro e il boss mafioso Giuseppe Guttadauro. Ha detto l'avvocato Antonino Mormino nella sua arringa difensiva davanti ai giudici della terza sezione penale del Tribunale di Palermo. Secondo l'accusa Cuffaro, attraverso l'ex assessore comunale Domenico Miceli, avrebbe intrattenuto rapporti con il boss di Brancaccio. “Non è mai emerso in nessuna occasione un collegamento tra Guttadauro e Cuffaro - ha continuato - Cuffaro ha visto la moglie di Guttadauro solo due volte”. E ha ricordato la vicenda della candidatura dell'avvocato Salvatore Priola, che sarebbe stata 'sponsorizzata'' da Guttadauro.
“Quando viene prospettata a Cuffaro la candidatura di Priola -ha detto Mormino- Cuffaro tronca subito il discorso, dicendo 'non ne voglio sentire parlare', così la candidatura di Priola non passa”. E ha aggiunto: “la volontà di Cuffaro di favorire Guttadauro è assolutamente improponibile e non configurabile”. Durante la sua arringa difensiva, l'avvocato Antonino Mormino ha ribadito con forza che “è escluso che la fonte di informazione di Cuffaro sia stata Antonio Borzacchelli, non è provato”. Secondo l'accusa, invece, sarebbe stato l'ex maresciallo dei carabinieri ed ex deputato regionale Antonio Borzacchelli a riferire a Cuffaro su notizie di indagini segrete.
“L'ipotesi dell'accusa -ha detto Mormino- è che l'informatore di Cuffaro possa essere stato Borzacchelli, un'ipotesi tutta da verificare. Riguarda una fonte che viene qualificata come un pubblico ufficiale non più operativo”. Per la difesa del governatore siciliano, oggi assente in Aula, “Cuffaro si è servito di Borzacchelli per intervenire nelle precauzioni e verificare la possibilità di essere intercettato. Dov'è la prova della funzione permanente di Borzacchelli quale informatore di notizie riservate?
I rapporti tra Borzacchelli e Cuffaro sono di natura politica”. E citando il pentito Francesco Campanella, secondo cui Cuffaro si teneva buono Borzacchelli perchè lo informasse delle indagini a suo caricò, l'avvocato Mormino ha ribadito che “i rapporti tra Cuffaro e Borzacchelli risalivano a molto tempo prima”. E poi ha sottolineato: “i traditori non stanno nella politica in questo caso, ma si annidano nelle istituzioni”.
Ha anche ribadito con forza che Cuffaro abbia riferito notizie riservate a Domenico Miceli. “L'unicità della fonte -ha detto- rimane Salvatore Aragona”, cioè il medico che ha collaborato con i magistrati e che ha riferito delle presunte rivelazioni di indagini da parte di Cuffaro”. Poi, parlando dell'episodio del giugno 2001 quando, secondo i pm Cuffaro avrebbe appreso della presenza di microspie a casa del boss Guttadauro, Mormino ha detto: “non c'è alcuna conferma che Cuffaro già nel giugno 2001 fosse a conoscenza delle microspie a casa di Guttadauro”.
09/01/2008
Pizzo a Torino
Sono finiti in cella i pregiudicati Ottavio Magnis, di 37 anni, e Calogero Pillitteri, di 38, entrambi accusati di estorsione. L'imprenditore palermitano gestiva, a Moncalieri in provincia di Torino, la sala Bingo più grande d'Europa. I provvedimenti di fermo di polizia giudiziaria sono stati emessi dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Marzia Sabella e Francesco Del Bene, coordinati dai procuratori aggiunti, Giuseppe Pignatone e Alfeddo Morvillo.
L'imprenditore ha raccontato di aver subito minacce e intimidazioni da parte dei due indagati arrestati dalla polizia.Dalle indagini è emerso che un primo contatto con gli estortori è avvenuto a Palermo, dove l'imprenditore ha subito anche la minaccia di un attentato dinamitardo, seguito dalla richiesta del pagamento di 700 mila euro. Contemporaneamente a questo episodio alcuni complici legavano con delle catene i cancelli della sala Bingo di Moncalieri.
L'uomo ha denunciato i fatti, e le indagini che sono state sviluppate, anche grazie alle intercettazioni, hanno portato a delineare il quadro della vicenda legata al racket delle estorsioni.
Calogero Pillitteri, uno degli arrestati, è cognato di Francesco e Giovanni Bonanno, indicati come esponenti mafiosi. L'uomo è stato bloccato a Palermo dagli agenti della polizia. Mentre Ottavio Magnis è stato arrestato a Torino grazie alla collaborazione della locale Squadra Mobile.
L'imprenditore era nel libro "mastro" dei Lo Piccolo. Il nome dell'azienda, con attività a Palermo e Moncalieri (To) era dell'elenco delle ditte trovate nel libro mastro delle estorsioni sequestrato ai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. L'imprenditore, molto tempo prima della pubblicazione dell'elenco, si era rivolto ad Addiopizzo e all'associazione antiracket Libero Futuro ai quali aveva raccontato di avere subito minacce.
Proprio grazie al sostegno delle associazioni, l'imprenditore aveva deciso di denunciare tutto alla polizia. Per le associazioni antiracket "l'operazione di polizia segna un nuovo successo all'attività di contrasto dello Stato".
"Libero Futuro, Fai e comitato Addiopizzo - si legge in una nota - hanno seguito e sostenuto sin dal primo momento l'imprenditore cha ha sempre denunciato ogni tentativo di estorsione. La pubblicazione del libro mastro e dei documenti di Lo Piccolo ha certamente condizionato il corso delle indagini e ha gettato una cattiva luce su un imprenditore che invece ha avuto un atteggiamento ineccepibile sin dal primo momento e cioè prima che la lista fosse pubblicata".
Il referente torinese. Dei due indagati, Ottavio Magnis è stato arrestato a Torino. Secondo l'inchiesta, avrebbe avuto un ruolo di referente torinese e appoggio logistico nei vari tentativi di intimidazione nei confronti dell'imprenditore palermitano, titolare della sala bingo a Moncalieri.Emergono d'altra parte alcune connessioni di Magnis con la gestione e l'utilizzo di videopoker non regolari in sale gioco torinesi. L'uomo era noto da tempo alla squadra mobile di Torino per reati contro il patrimonio e la persona, tra cui delle rapine, e per questo aveva scontato alcuni periodi di detenzione, ma era libero ormai da alcuni anni. L'hanno catturato ieri vicino alla sua abitazione, un appartamento che avevo preso in affitto in corso Agnelli, in una zona semiperiferica della città, dove stava con la famiglia, anche se la sua residenza ufficiale era a Nichelino, nell'hinterland torinese. Di fronte agli agenti della Questura si è mostrato incredulo e ha affermato: "Io non c'entro niente, mi hanno incastrato" e con estrema calma ha continuato a mantenere la sua versione. Non è chiaro però come potesse mantenere il suo tenore di vita, a partire dall'appartamento in affitto fino all'utilizzo di un'automobile Mercedes, dal momento che non risulta avere redditi legali ormai da anni.
10/01/2008
Fonte: La Sicilia
Inasprito il 41 bis
Il provvedimento è stato deciso in seguito ad attività di analisi e indagini che ha avuto anche il nullaosta di varie Procure in cui Bernardo Provenzano è imputato. Il 14 bis, che inasprisce il 41 bis, nei mesi scorsi è già stato applicato al boss mafioso Leoluca Bagarella e al capomafia trapanese Andrea Manciaracina.
11/01/2008
Fonte: La Sicilia
lunedì, gennaio 07, 2008
Anniversario Pippo Fava
Addiopizzo cresce...
Lo zio ricoverato...
E poi dicono che la mafia non fa più queste cose...
domenica, gennaio 06, 2008
Inaugurazione di Libero Fututro
La cerimonia, che si terrà alle presenza del presidente della Fai Tano Grasso e dei vertici provinciali delle forze dell'ordine, rappresenterà l'occasione per salutare - informa una nota - il prefetto Giosuè Marino "importante compagno di strada di AddioPizzo e Libero Futuro", che dopo quattro anni lascerà la città di Palermo.
06/01/2008
Fonte. La Sicilia
Anniversario Mattarella. Questo era un presidente della Regione...
Mattarella che era stato eletto due anni prima, nel '78, era appena salito sulla sua Fiat 132 con la moglie Irma Chiazzese quando venne avvicinato da sicari della mafia che spararono una serie di colpi. Morì mezz'ora dopo in ospedale. Figlio di Bernardo, uomo politico della Democrazia cristiana, e fratello di Sergio, Piersanti Mattarella, alla fine degli anni '70, stava per dare una svolta alla politica regionale, dicendo di voler recidere i legami con la mafia e guardando alla sinistra ed al Pci.
Alla commemorazione sono intervenuti Sergio Mattarella, l'assessore regionale ai Lavori pubblici, Agata Consoli e l'assessore comunale ai Rapporti con il Governo ed il Parlamento, Carlo Vizzini. "Mattarella è stato un eroe - ha detto Consoli - che intendeva cambiare la politica del Governo della Regione, ma non vi è riuscito ed è stato ucciso".
"Esiste ancora oggi - ha sottolineato Vizzini - una mafia degli affari, che cerca di penetrare la politica. Ricordare Piersanti Mattarella ha un senso se la politica di oggi ha il coraggio di guardarsi dentro e fare pulizia, senza sconti, dei mediatori di mafia che ancora allignano all'interno dei partiti".
06/01/2008
Fonte: La Sicilia
sabato, gennaio 05, 2008
Risarcimento per la famiglia Borsellino
Il processo è stato promosso dalla vedova del magistrato, Agnese Piraino Leto e dai figli Lucia, Manfredi e Fiammetta (assistiti dall'avvocato Nino Lo Presti), contro Ninetta Bagarella e Giuseppina Gioè, moglie di Salvatore Biondino, arrestato insieme a Riina e capomafia del quartiere palermitano di San Lorenzo. Entrambe non si sono costituite in giudizio, nel corso del quale l'Avvocatura aveva sostenuto l'insussistenza del danno esistenziale. Ma il Tribunale, nel valutare il danno biologico, morale ed esistenziale ha stabilito che "la perdita del marito e del padre, nel modo tragico che ha sconvolto le coscienze del Paese, non potrà mai essere integralmente compensata da una somma di denaro".
Cos'è il fondo di rotazione per i familiari delle vittime
I familiari delle vittime della mafia ottengono le somme di denaro non direttamente dai boss condannati, ma dallo Stato. È il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, istituito presso il Ministero dell'Interno ed alimentato da un contributo annuale dello Stato e da somme derivanti dalla confisca di beni mafiosi, a pagare le richieste in sede civile fatte dai familiari della vittime.
Scopo del Fondo è quello di assicurare alle vittime (o ai loro eredi, o agli enti che si siano costituiti parte civile in giudizio), a favore delle quali è stata emessa una sentenza di condanna al risarcimento dei danni subiti o una provvisionale, di ottenerne l'effettivo e sollecito pagamento attraverso il diretto intervento dello Stato attraverso il Fondo di rotazione.
Sulle domande di accesso al Fondo decide, disponendo la corresponsione delle somme richieste agli aventi diritto, il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, costituito con decreto ministeriale il 12 ottobre 2000.
La somma complessivamente deliberata in favore degli aventi diritto, fino al 31 ottobre 2007, ammonta a 136.708.734,32 euro per risarcimenti, provvisionali e spese di giudizio.
05/01/2008
Fonte: La Sicilia
Messina Denaro nei pizzini...
Le due lettere sono state mostrate oggi da SkyTg24. In un "pizzino", indirizzato a Salvatore Lo Piccolo, è riportato un ringraziamento relativo, probabilmente, all'invio di un documento falso sul quale apporre una fotografia. Messina Denaro ringrazia ma fa presente al boss di non potere utilizzarlo perchè il suo "tipografo" di fiducia, arrestato e scarcerato non può più aiutarlo. Nella lettera si legge: "Non diamogliela vinta a questi quattro sbirri".
Il secondo è "per il giovane" e c'è un'esortazione: "stai sempre vicino a tuo padre. Questa è la cosa più importante per te e per lui. So che per un giovane è difficile vivere questa situazione - continua - e so che la gioventù vorrebbe essere vissuta in altro modo ma purtroppo un uomo non può cambiare il suo destino".
05/01/2008
Fonte: La Sicilia
venerdì, gennaio 04, 2008
Carcere duro per "Fifetto"
04/01/2008
Fonte. La Sicilia
Chiuse le indagini...
Per questa indagine, la Procura di Palermo aveva chiesto tre mesi fa l'archiviazione di tutti gli indagati, ma la richiesta era stata respinta dal gip Maria Pino, che aveva ordinato un supplemento d'indagine.
04/01/2008
Fonte: La Sicilia
giovedì, gennaio 03, 2008
Contrada resta in carcere!
"Una volta l'avvocato combatteva per fare uscire una persona dal carcere - commenta l'avvocato Giuseppe Lipera - adesso ci siamo dovuti battere per far rispettare le volontà di Bruno Contrada e farlo tornare in cella".
Il legale ha poi aggiunto: "Non si comprende il perché di questo lungo ricovero a cui è stato obbligato il mio assistito e che lui non aveva chiesto. Fatto è che Contrada non viene trattato come un essere umano ma come un pacco postale puzzolente".
"Infatti - ha continuato il penalista - l'ultimo dell'anno, forse l'ultimo Capodanno della sua vita, si è riuscito a farglielo trascorrere in solitudine. A Contrada non è stata concessa neanche la presenza di un prete con cui poter chiaccherare". L'avvocato Lipera, che ha in programma nuove istanze al Tribunale di sorveglianza di Napoli, sottolinea: "Oggi, in cuor nostro, ci aspettavamo qualcosa di più".
Il nulla osta del giudice che permette il trasferimento di Bruno Contrada dall'ospedale Cardarelli di Napoli al carcere di Santa Maria Capua Vetere è solo "un atto dovuto" per l'avvocato Lipera. "Il provvedimento di oggi - ha ribadito - è soltanto il riconoscimento di un diritto che è stato violato: i giudici non hanno ancora il potere, in questo Paese, di mandare qualcuno in ospedale contro la sua volontà".
Il quadro clinico di Bruno Contrada è ulteriormente peggiorato. "E' molto provato - ha rivelato uno dei suoi penalisti - il dottor Palmieri, che mi ha accompagnato al Cardarelli nella qualità di consulente, mi conferma che il quadro clinico già compromesso come evidenziato nella precedente visita del 16 ottobre, è ulteriormente peggiorato. A riprova di ciò è stato riscontrato un notevole calo ponderale. Si tratta di un quadro clinico obiettivo e pertanto persistono le condizioni di incompatibilità con il regime detentivo. Ciò nei prossimi giorni sarà dettagliato in una nuova certificazione".
Per questo i familiari lanciano un appello, affinchè il loro congiunto "possa tornare presto a casa". "Bruno Contrada - dice il nipote Massimo - sta male. Ha quasi 80 anni. Siamo preoccupati per le sue condizioni di salute. Non lo vedo da venti giorni, da quando è stato possibile avere l'ultimo colloquio - conclude - ma del suo caso oramai si sa tutto, le carte processuali di questa vicenda sono anche tutte pubblicate sul sito www.brunocontrada.info".
"Anche per fare le radiografie mi volevano mettere le manette", ha detto Contrada appena uscito dall'ospedale Cardarelli di Napoli per essere trasferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. A riferirlo è stato il suo legale Giuseppe Lipera. Ad attendere l'ex dirigente del Sisde, fuori dall'ospedale, c'erano oltre all'ambulanza dell'esercito, 11 carabinieri di cui cinque in divisa, un maggiore dell'arma e una guardia carceraria.
L'ex dirigente del Sisde incontrerà nella mattinata alcuni suoi familiari nel carcere militare. Ci saranno i fratelli Vittorio e Ida e il cognato, il generale a riposo Giancarlo Tirri, che hanno visto l'ultima volta Contrada il giorno della vigilia di Natale proprio a Santa Maria Capua Vetere.
02/01/2008
Fonte: La Sicilia
mercoledì, gennaio 02, 2008
Lasciate stare Borsellino...
Rita Borsellino, sorella del magistrato e parlamentare regionale, sono giorni che ripete che Contrada non ha diritto ad alcuno sconto della pena: "Non sono crudele ma pretendo giustizia. Mio fratello non è morto nel suo letto. La grazia concessa ad un condannato per mafia sarebbe un precedente pericoloso".
Ma Contrada replica che tanto animosità contro di lui non è giustificata tanto più che con il giudice aveva un ottimo rapporto: "Di Paolo Borsellino ho un grandissimo ricordo", ha detto Contrada al suo legale che lo ha incontrato nell'ospedale Cardarelli di Napoli dove l'ex numero tre del Servizi segreti interni sconta la pena. "Con Borsellino c'era un'ottima collaborazione professionale, ma anche un'amicizia che ci portava a frequentarci fuori dal lavoro".
"Bugie", replicano scandalizzati i famigliari del magistrato ucciso dalla mafia nel luglio '92. "Borsellino - spiegano la vedova Agnese e i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta - non ha mai lavorato con Contrada e tra loro non ci sono mai state né amicizia, né frequentazione. Conoscevamo i suoi collaboratori", spiegano i familiari del magistrato. "Contrada non era tra loro". Lo confermano anche i fratelli del magistrato, Rita e Salvatore: "Paolo non ha mai avuto rapporti di amicizia con Bruno Contrada".
Giuseppe Lipera, avvocato di fiducia del generale, ha incontrato anche oggi il suo cliente: "L'ho trovato depresso e molto stanco". Il legale ha chiesto che Contrada rientri nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere o sia trasferito all'ospedale militare del Celio: "E' inaccettabile per un uomo di 76 anni, che già soffre di stato ansioso-depressivo, restare in una piccola stanza, senza possibilità né di aria né di socialità".
In attesa di una decisione del magistrato di sorveglianza, dalla sua stanza di ospedale Bruno Contrada esprime "un grazie di cuore" a tutti coloro chegli hanno espresso solidarietà compreso il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga che nei giorni scorsi si era detto favorevole alla concessione del provvedimento di grazia.
Contrada - che ieri aveva denunciato "il potere giudiziario colpevole di volermi uccidere in carcere" - resta tuttavia combattivo e continua a respingere gli addebiti: "Sono stato condannato per un delitto infamante senza neppure che siano state spiegate le ragioni per cui avrei commesso quel delitto".
Fonte: La Repubblica
Il sogno del Palermo Calcio...
"Pizza" ha già riempito pagine e pagine di verbali davanti ai magistrati della Dda di Palermo, Alfredo Morvillo, Anna Maria Picozzi, Gaetano Paci, Domenico Gozzo. I suoi più stretti familiari sono già al sicuro in una località lontana da Palermo. Ma dal capoluogo siciliano non si sono allontanati soltanto i parenti del nuovo pentito: anche due rapinatori, indicati nei pizzini trovati a Lo Piccolo come informatori dei "servizi segreti di Roma e di Palermo", sono fuggiti perché erano nel mirino di Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
I pizzini di Lo Piccolo stanno dando un gran da fare a magistrati ed investigatori che stanno tentando di delineare anche il ruolo dell'"osservatore sportivo" di Cosa nostra. Totò Milano, stando a quei pizzini, seguiva attentamente tutti gli interessi che ruotavano attorno al Palermo Calcio, avvicinando dirigenti ed amministratori che, secondo quanto veniva riferito a Lo Piccolo, lo frequentavano pur negando di sapere chi fosse davvero.
Eppure il cognome Milano è uno di quelli pesanti nell'universo mafioso. Il padre, Nicola, detto "U ricciu", fu tra i primi trafficanti di sigarette e di droga negli anni 70-80, ed il fratello Nunzio, viene indicato come il capo mandamento (capo di più "famiglie") di Palermo Centro. E tutti sono imparentati con la storica famiglia dei Greco di Ciaculli. Una sorella di Nunzio e Totò Milano è infatti sposata con Giuseppe Greco, "il regista" (ha prodotto alcuni film con Franchi Franchi e Barbara Bouchet), figlio del primo capo della Commissione di Cosa Nostra, Michele Greco, detto "il papa" della mafia, adesso ottantenne che sta ancora scontando una condanna all'ergastolo nel primo maxiprocesso.
I dirigenti del Palermo, alcuni dei quali nati e cresciuti in città dove queste cose sono note a moltissimi, adesso prendono le distanze da Totò anche se quest'ultimo, fino a qualche giorno fa, era sempre presente alle partite e agli allenamenti dei rosanero che seguiva in trasferta anche nell'aereo della squadra. Stando ai pizzini trovati nel covo dei Lo Piccolo, Totò Milano, seguiva attentamente anche il business che ruotava attorno alla squadra del Palermo, contattava i dirigenti e, attraverso alcuni "corrieri" informava il boss Lo Piccolo sugli affari che si potevano fare. Così com'è indicato in un pizzino dove viene riferito a Lo Piccolo di alcuni lavori che sono in corso nel campo per gli allenamenti dei rosanero a Boccadifalco, o per la costruzione del nuovo stadio che dovrebbe essere realizzato nel quartiere Zen di Palermo.
Totò Milano, dopo avere scontato la condanna a 5 anni e quattro mesi inflittagli nel maxi processo, aveva ripreso le sue frequentazioni con il mondo sportivo. Sin dai tempi dei presidenti Polizzi e Ferrara. Ed ha continuato sino ad ieri. Per lui non c'erano ostacoli di sorta. Era in rapporti con il direttore sportivo Rino Foschi, l'amministratore delegato Rinaldo Sagramola e Giovanni Pecoraro, altro dirigente della squadra rosanero. Tutti, ora, dicono che Milano era un "tifoso come tanti". Ma da quanto emerge dai pizzini di Lo Piccolo, era molto di più: una sorta di osservatore sportivo di Cosa nostra.
Fonte: La Repubblica