venerdì, febbraio 15, 2008

Ganci condannato a 30 anni

ROMA - Aveva parlato delle cosche mafiose in tempi in cui pronunciare la stessa parola 'mafia' era difficile, tanto che Leonardo Vitale venne rinchiuso in manicomio negli anni '70. Ma Cosa Nostra sapeva che aveva detto la verità e non mancò di vendicarsi, molti anni dopo, quando Vitale uscì dall' ospedale psichiatrico, uccidendo nel 1984 davanti casa. La Cassazione (sentenza n.7330) chiude oggi il capitolo dell' omicidio del 'primo pentito di mafia', confermando la sentenza di condanna a 30 anni per uno dei killer di Vitale, Domenico Ganci. La Corte d'appello aveva a sua volta confermato la condanna del tribunale di Palermo per Domenico Ganci, colpevole in concorso con Calogero Ganci (quest'ultimo pentitosi e giudicato separatamente), Raffaele Ganci e Domenico Guglielmini per omicidio premeditato. Era stato lo stesso ex boss della Noce, Calogero Ganci, che molti anni dopo, come collaboratore di giustizia aveva spiegato il perchè di quell' omicidio: "Quella di Vitale era una lezione. Come dire, anche fra 10, 20 anni, noi ti cercheremo sempre" aveva detto ai magistrati. Un'azione dimostrativa contro tutti i pentiti, come Buscetta e Contorno, che avevano osato sfidare l'omertà di Cosa Nostra. Negli anni successivi altri collaboratori avevano poi confermato esecutori e mandanti dell' omicidio Vitale. Calogero Ganci aveva partecipato, assieme a Raffaele Ganci e Salvatore Cancemi, all' omicidio di Vitale, mentre Domenico Ganci e Domenico Guglielmini erano stati gli esecutori materiali, attendendolo davanti casa in vespa e uccidendolo a colpi di pistola. Domenico Ganci aveva fatto ricorso in Cassazione contro la condanna adducendo tra i motivi "dichiarazioni contrastanti dei collaboratori di giustizia e dei testimoni oculari". La I sezione penale della Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la condanna e dando ragione ai giudici di merito che avevano ritenuto "precise e reciprocamente convergenti le dichiarazioni rese dai collaboratori (uno dei quali aveva spontaneamente confessato il gravissimo reato), ponendo in luce i gravi e molteplici riscontri sia oggettivi sia individualizzanti emersi nel corso del giudizio e ritenendo minime e quindi ininfluenti le divergenze emerse nelle diverse testimonianze".
15/02/2008
Fonte: La Sicilia

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