domenica, luglio 13, 2008

E poi...

ROMA - I boss Salvatore e Sandro lo Piccolo, padre e figlio, hanno chiesto al giudice di sorveglianza di Milano, dove sono detenuti dal novembre scorso, la revoca del regime del 41 bis che è stato applicato loro, dopo l'arresto, dal ministro di Giustizia, su richiesta dei pm di Palermo.


Il ricorso dei due capimafia, come scrive l'edizione locale di Repubblica, sarà discusso mercoledì prossimo dall'avvocato milanese Maria Teresa Zampogna.


I Lo Piccolo hanno chiesto di essere ammessi a "vita comune" nel carcere come detenuti normali o, in subordine, di potere accedere a un regime meno severo. Salvatore Lo Piccolo arrestato in un villa nel palermitano il 5 novembre dell'anno scorso, avrebbe assunto, dopo la cattura di Bernardo Provenzano, secondo gli investigatori, il controllo dell'organizzazione criminale contendendo la leadership a Matteo Messina Denaro, boss latitante del trapanese.


Netta la presa di posizione delle forze politiche. "Non sia revocato il regime carcerario del 41 bis ai boss mafiosi Salvatore e Sandro Lo Piccolo", è l'appello del presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. "Incoraggiati dalle sconcertanti decisioni pro mafia prese da troppi giudici di sorveglianza, questi due capi cosca confidano in una decisione a loro favore mercoledì prossimo".


"Mi auguro che la magistratura sia consapevole della pericolosa ferocia di questi criminali e non cancelli il 41 bis. In ogni caso - afferma Gasparri - per porre fine a queste situazioni ambigue che favoriscono solo i boss, promuoverò iniziative legislative per ridurre il margine discrezionale così male usato dai giudici di sorveglianza".


"La richiesta avanzata da parte dei Lo Piccolo padre e figlio finalizzata a chiedere ai Magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Milano la revoca del regime del carcere duro va ben oltre il semplice diritto di difesa assumendo, invece, un chiaro significato di sfida rivolta alle istituzioni", ha detto Salvino Caputo, componente della commissione regionale antimafia.


"Il loro livello di pericolosità - continua - la loro posizione di vertici di cosa nostra di Palermo, rappresentano elementi inconfutabili che, al contrario, richiedono un rafforzamento della misura di controllo all'interno del carcere".


13/07/2008

Fonte: La Sicilia

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