mercoledì, settembre 10, 2008

Suicidio? No...

CATANIA - Il cadavere giaceva riverso sul letto, seminudo, dentro una pozza di sangue, il setto nasale deviato, il corpo costellato di macchie ematiche, sul braccio sinistro i segni inequivocabili di due iniezioni. Era stata una richiesta dell'ospedale Belmonte di Viterbo a condurre la polizia, la mattina del 13 febbraio 2004, in quell'appartamento periferico, dove da alcuni anni abitava l'urologo trentaquattrenne Attilio Manca. Gli accertamenti della scientifica conclusero che si trattava di suicidio attraverso un cocktail micidiale di eroina e tranquillanti. Eppure niente nell'esistenza di Manca faceva prevedere l'intenzione di togliersi la vita: aveva già preso accordi per alcuni mesi di volontariato in Bolivia con «Medici senza frontiere», cui avrebbe seguito uno stage d'aggiornamento presso un ospedale di Cleveland. Non sorprende, dunque, che nelle scorse settimane la procura laziale abbia riaperto per la terza volta il caso ipotizzando che si possa trattare di un omicidio di mafia sul cui sfondo campeggia, addirittura, Bernardo Provenzano. Attilio Manca proveniva da Barcellona Pozzo di Gotto, un tempo nota per ospitare il manicomio criminale, ma negli ultimi decenni al centro della storia più oscura di Cosa Nostra, quella inerente le stragi del '92 e il tentativo di sovvertimento istituzionale del '93. Dalla metà degli Anni Settanta le cosche locali hanno operato al servizio di «Binnu u tratturi», che trascorse diversi periodi di latitanza fra Bagheria e Barcellona. Da questi intrecci, che hanno coinvolto un altro boss storico, Nitto Santapaola, mezza imprenditoria messinese, la Dc e il Movimento Sociale, sono balzati fuori personaggi quali Pietro Rampulla e Giuseppe Gullotti: il primo confezionò l'esplosivo per Capaci, il secondo consegnò a Brusca il timer. Un missino perbene, il giornalista Beppe Alfano, fu eliminato nel '92 a causa delle sue coraggiose denunce, dopo un vertice fra Bagarella, Brusca e Gioè. Conseguita la specializzazione, Manca era stato il primo in Italia a operare i tumori alla prostata con la tecnica laparoscopica appresa all'ospedale Montsouris di Parigi e grazie alla quale era stato nominato vice primario al Belmonte. Nell'ottobre del 2003, all'insaputa dei colleghi di Viterbo, Manca aveva raggiunto la Costa Azzurra. In una telefonata al padre aveva spiegato di esser stato convocato per la visita urgente a un paziente. Ai primi di novembre, testimonianza della madre, si trovava nei pressi di Marsiglia. Sono due coincidenze inquietanti con la permanenza di Provenzano in Costa Azzurra per essere operato alla prostata. Con l'identità di Gaspare Troia, il numero uno della mafia e dei ricercati italiani aveva soggiornato a Marsiglia per tre settimane prima di essere ricoverato il 23 ottobre 2003 nella clinica Casamance di Aubagne. Terminata la degenza per il delicato intervento, Provenzano il 1° novembre si era spostato a Marsiglia. Da subito Gino e Angela Manca si rifiutano di credere al suicidio del figlio. Raccontano agli inquirenti l'enigmatico atteggiamento di Attilio in un paio di telefonate pochi giorni prima del decesso, sparite però dai tabulati. Viene fuori che Manca l'11 febbraio aveva disertato una cena con il professore Gerardo Ronzoni, primario di urochirurgia al Policlinico di Roma. Infine il dettaglio più importante: il giovane medico era da sempre mancino, quindi non avrebbe usato il braccio destro per iniettarsi la sostanza letale. In questi quattro anni e mezzo d'indagini chiuse e riaperte si è ispessita la pista barcellonese. Sulla mattonella del bagno di Manca è stata identificata l'impronta di suo cugino Ugo Manca, tecnico radiologo, condannato a nove anni per traffico di droga. Ugo Manca ha spiegato agli investigatori di averla lasciata nel dicembre 2003 allorché si era recato a Viterbo per sottoporsi a un piccola operazione al testicolo. Senza, però, indicare chi e quando gli aveva diagnosticato la sofferenza e prescritto l'asportazione. La signora Manca ha svelato che poco tempo prima di morire Attilio le aveva domandato informazioni su Angelo Porcino - destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare per tentata estorsione aggravata da metodi mafiosi - a nome del quale Ugo aveva richiesto l'appuntamento per un consulto. E lo stesso Ugo per conto degli zii aveva personalmente sollecitato alla procura di Viterbo la restituzione del corpo di Attilio e il dissequestro dell'appartamento, ma gli zii hanno vigorosamente smentito di aver mai conferito questo incarico al nipote. La presenza di Ugo Manca e di Angelo Porcino, considerati assai vicini alla cosca dominante, ha indotto gl'inquirenti a ritenere ragionevole il sospetto che il dottor Manca possa esser stato ucciso per eliminare il testimone scomodo dell'operazione di Provenzano a Aubagne. Secondo la madre, Attilio sarebbe stato coinvolto proprio da un concittadino di cui si fidava per sfruttare la sua perizia con il bisturi. Avrebbe però riconosciuto nell'anonimo paziente della clinica Casamance 'zu Binnu - non era difficile: come poi si è visto al momento della cattura, aveva conservato gli antichi tratti somatici - e da quel momento il suo destino sarebbe stato segnato. Un collega, il dottor Fattorini, ha messo a verbale che durante una gita in campagna Attilio confessò di esser turbato per qualcosa che non poteva dire neppure ai genitori e soprattutto per telefono.
Fonte: La Stampa

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