mercoledì, febbraio 25, 2009

Il vecchio caro UDC...

PALERMO - L'assessore regionale siciliano, Antonello Antinoro (Udc), titolare dei Beni culturali, risulta indagato per voto di scambio dalla Procura di Palermo. In un'intercettazione due uomini considerati vicini al boss palermitano Salvatore Genova avrebbero fatto riferimento alla compravendita di voti al prezzo di 50 euro ciascuno. Nel corso della conversazione, uno dei due avrebbe anche chiamato Antinoro. L'assessore dice di non aver ricevuto niente: "Sono stupito - aggiunge -, esterrefatto. E comunque sereno e tranquillo". I voti comprati sarebbero da sei a ottomila e riguarderebbero le elezioni regionali della primavera 2008, con un esborso valutato tra 30 e 40 mila euro. Antinoro ottenne circa 30 mila voti, duemila in meno rispetto alle elezioni di due anni prima, quando fu il più votato. L'inchiesta dei carabinieri, svolta nell'ambito dell'operazione antimafia denominata Perseo, è coordinata dal pm Gaetano Paci. Per ragioni analoghe nei mesi scorsi sono stati indagati altri due parlamentari regionali: Riccardo Savona (Udc) e Alessandro Arico (Pdl). Anche loro hanno respinto le accuse.
25/02/2009
Fonte: La Sicilia

Mega operazione della DDA

CALTANISSETTA - Ventiquattro persone sono state arrestate dalla polizia nell'ambito di una inchiesta su un traffico di cocaina. L'operazione, denominata Plutone, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta e condotta dalla Squadra mobile. I provvedimenti sono stati eseguiti a Caltanissetta, Milano, Venezia e Palermo. L'indagine parte nel 2005 da accertamenti condotti dagli investigatori nisseni su un'organizzazione criminale che gestiva lo spaccio ed il traffico di cocaina a Caltanissetta. Grazie anche alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia è emerso che l'organizzazione acquistava la cocaina a Milano e la trasportava in Sicilia nascosta a bordo di automobili prese a noleggio. Gli arresti sono stati coordinati dal questore di Caltanissetta, Guido Marino, per condurre l'operazione sono stati impiegati un centinaio di poliziotti. I provvedimenti cautelari eseguiti stamani dalla polizia di Stato hanno riguardato Giuseppe Fonti, 38 anni, di Caltanissetta; Spiridione Sasso, 60 anni, di San Giuliano Milanese; Angelo Nicolini, 79 anni, di Palermo; Michele Carra, 29 anni, di Palermo; Saverio Pizzo, 39 anni, di Bagheria; Salvatore Arena, 31 anni, di Barrafranca (Enna); Salvatore Giuliana, 41 anni, di Caltanissetta; Patrizia Raimondi, 39 anni, di Caltanissetta; Emanuele Puzzanghera, 28 anni, di Caltanissetta; Giovanni Puzzanghera, 32 anni, di Caltanissetta; Umberto Niotta, 35 anni, di Caltanissetta; Luigi Amico, 29 anni, di Caltanissetta; Gaetano Bontempo, 28 anni, di Caltanissetta; Giuseppe Ustica, 32 anni, di Caltanissetta; Carmelo Russello, 24 anni, di Caltanissetta; Antonino Famà, 31 anni, di Messima ma residente a Milano; Innocenzo Bordonaro, 34 anni; di Caltanissetta; Gianni Tambè, di Barrafranca; Salvatore Ferrara, 32 anni, di San Cataldo; Girolamo Anzalone, 42 anni, di San Cataldo; Stefano Nicosia, 31 anni, di Caltanissetta; Giuseppe Marchese, 33 anni, di Caltanissetta.
24/02/2009
Fonte: La Sicilia

Via al processo contro 10 "esattori pizzoriali"

Palermo, 25 feb. - (Adnkronos) - Prendera' il via questa mattina al Palazzo di Giustizia di Palermo, davanti al giudice per le udienze preliminari, il processo contro dieci presunti esattori del racket del pizzo nell'area industriale di Carini (Palermo). Sono otto gli imprenditori, vittime del racket, che si costituiranno parte civile al processo. Accanto a loro ci saranno anche le associazioni antiracket 'Libero Futuro', Fai, Addiopizzo e Confindustria Sicilia.
Fonte: Adnkronos

Imprenditore denuncia pizzo a Messina

MESSINA, 25 FEB - La polizia ha arrestato a Messina Giuseppe Maiolino, 31 anni, e Nunzio Sollima, di 55, con l'accusa di concorso in usura. Secondo gli agenti della squadra mobile i due, dopo aver prestato denaro a un commerciante di Messina, gli hanno chiesto di restituire il prestito con tassi usurai. Dopo avere piu' volte sborsato il denaro, il commerciante ha deciso di denunciare gli usurai. Gli agenti li hanno arrestati mentre la persona taglieggiata stava consegnando loro 5.800 euro.
Fonte: ANSA

martedì, febbraio 24, 2009

Due affiliati al clan Morabito e Cappello...

CATANIA - Due sorvegliati speciali, Giuseppe Patanè, di 44 anni, ritenuto affiliato al clan Morabito di Paternò, e Agatino Di Mauro, di 40, ritenuto affiliato al clan Cappello, sono stati arrestati dai carabinieri in due distinte operazioni per inosservanza degli obblighi della sorveglianza speciale. Patanè è stato arrestato per furto di energia elettrica dopo che i carabinieri hanno accertato che si era allacciato abusivamente alla rete elettrica. Nei confronti di Di Mauro i militari hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 18 febbraio scorso dalla prima sezione penale della Corte di appello di Catania dopo che l'uomo, durante un controllo, era stato fermato dai carabinieri a bordo di un'automobile a Nicolosi, violando gli obblighi delal sorveglianza speciale.
23/02/2009
Fonte: La Sicilia

venerdì, febbraio 20, 2009

Cade un altro fedele di Lo Piccolo...

Palermo, 19 feb. - Si pente un altro ex fedelissimo del boss mafioso Salvatore Lo Piccolo. Dallo scorso 20 gennaio, come viene confermato all'ADNKRONOS da ambienti giudiziari, l'ex affiliato a Cosa nostra Francesco Briguglio collabora con i magistrati della Dda di Palermo. Briguglio, 53 anni, detto 'trenta grammi' era stato arrestato nel luglio 2008 nella maxi operazione 'Addio pizzo 4' che porto' in carcere diversi esponenti mafiosi vicini al capomafia Salvatore Lo Piccolo. Il neo collaboratore di giustizia e' stato gia' interrogato tre volte dai pm della Dda, la prima volta il 20 gennaio, la seconda volta il 28 gennaio e poi un'ultima volta il 6 febbraio scorso. Briguglio, secondo la Procura, e come confermato da lui stesso negli interrogatori, avrebbe dato appoggio logistico fin dal 1999 all'allora boss latitante Salvatore Lo Piccolo.
Fonte: Adnkronos

mercoledì, febbraio 18, 2009

Imprenditore denuncia

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) - Ha subito per tanti anni le pressioni dei boss che gli imponevano il pagamento del pizzo. Così un imprenditore di Barcellona ha deciso di rompere il muro dell'omertà denunciando il sistema di estorsioni di cui era vittima. La polizia ha così eseguito arresti stamani su ordine del gip di Messina, Antonino Genovese.
L'imprenditore, uno dei primi a Barcellona Pozzo di Gotto a ribellarsi, ha spiegato agli agenti della Squadra mobile di Messina e ai pm della Dda il meccanismo con il quale venivano imposte le tangenti mafiose in diverse zone della Sicilia, imponendo pure i subappalti e le ditte del movimento terra.
L'operazione è stata denominata "Sistema". Gli arresti hanno riguardato Carmelo Bisognano, il boss del clan dei Mazzarroti, da poco scarcerato; Carmelo D'Amico, arrestato il mese scorso perché indicato uno dei boss barcellonesi, e Pietro Nicola Mazzagatti, capo della cosca di Santa Lucia del Mela, condannato definitivamente per estorsione.
Il gip non ha accolto invece la richiesta di misura cautelare in carcere per altri tre indagati, ritenuti esponenti dei clan mafiosi catanese e agrigentino. Le indagini, coordinate dal pm Giuseppe Verzera, hanno evidenziato che l'imprenditore di Barcellona Pozzo di Gotto da oltre un decennio era costretto a pagare il pizzo per tutti i lavori effettuati dalla sua ditta, relativi sia ad appalti pubblici aggiudicati in varie province dell'isola, sia a incarichi ricevuti da privati.
Dall'attività di riscontro fatta dalla polizia è emerso come la criminalità organizzata barcellonese abbia elevato il controllo e la gestione del racket delle estorsioni a un vero e proprio sistema, riconducibile a una regola applicata in tutta la Sicilia.
In particolare, dalla testimonianza dell'imprenditore, fino al 2002 era il boss del luogo dove venivano eseguiti i lavori che chiedeva e riscuoteva direttamente il denaro. Ma da quel momento in poi sarà sempre il referente dell'organizzazione mafiosa del luogo in cui ha sede l'impresa a presentarsi al titolare, anche per conto dell'organizzazione criminale del territorio in cui gli appalti vengono eseguiti e, quindi, in aree che esulano dalla sua specifica competenza territoriale.
17/02/2009
Fonte: La Sicilia

Pizzo per 12 anni...

GELA (CALTANISSETTA) - Per dodici anni, dal 1994 al 2006, avrebbero sottoposto a ogni tipo di vessazione il gestore di un ristorante, mangiando a sbafo in ogni occasione, con parenti e amici, e pretendendo tangenti mensili di 300 euro che diventavano 700 in occasione delle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto, perchè dovevano "aiutare" le famiglie dei detenuti.
A lungo andare, il ristoratore ha dovuto chiudere la sua attività per fallimento, malgrado l'esercizio fosse apprezzato e frequentato da tanti clienti. "Troppe le bocche di mafiosi da sfamare gratis", ha spiegato la vittima agli inquirenti. L'esercente ha ceduto tutto e, per vivere, è andato a lavorare come cameriere in Germania.
È questo lo scenario che emerge dall'inchiesta della Dda di Caltanissetta che ha portato all'emissione di 32 ordinanze di custodia cautelare. Un'operazione "bipartisan". I 32 provvedimenti riguardano infatti esponenti delle due cosche che si fronteggiano a Gela: 23 sarebbero affiliati a Cosa Nostra, altri nove alla Stidda. La maggior parte di loro erano già detenuti: a 28 indagati le ordinanze sono state notificate in carcere; quattro, invece, sono stati arrestati oggi.
Sono Angelo Massimiliano Bassora, di 35 anni, Emanuele Cassarà, di 31, e Giacomo Di Noto, di 27 anni, tutti bloccati dalla polizia a Gela. Il quarto, Emanuele Greco, di 35 anni, detto "Ù Bistiuni", è stato arrestato in Lombardia, nel suo domicilio di San Giuliano Milanese, in provincia di Milano.
A convincere il ristoratore a denunciare i suoi taglieggiatori, dopo essere fuggito da Gela, sono state le sollecitazioni della associazione antiracket locale e le garanzie offerte dalla direzione investigativa antimafia. La vittima delle continue estorsioni ha raccontato il suo calvario e rivelato l'identità di chi imponeva il "pizzo" e di chi lo andava a riscuotere.
Il ristoratore ha fatto anche i nomi di chi andava a pranzare e a cenare nel suo locale senza poi pagare il conto. Uno degli indagati, Massimo Carmelo Billizzi, avrebbe preteso ed ottenuto gratuitamente la cena di "addio al celibato" per sè e per i suoi amici. L'inchiesta si è avvalsa anche del contributo di alcuni pentiti.
L'operazione della notte scorsa, denominata "Redibis", costituisce il prosieguo dell'operazione "Ibis" che nel giugno del 2007 portò all'arresto di dieci persone, ritenute responsabili di avere taglieggiato il ristoratore tra il 2002 e il 2006. Gli altri 32 provvedimenti eseguiti oggi si riferiscono invece agli otto anni precedenti. Una vicenda di soprusi e vessazioni durata appunto 12 anni che si è conclusa solo ora.
"È l'ennesima dimostrazione che solo lo Stato può dare risposte certe contro il racket, ma ciò può avvenire solo attraverso la collaborazione delle vittime del pizzo", ha detto il questore di Caltanissetta Guido Marino nel corso di una conferenza stampa. "Stiamo via via allentando la morsa che per anni ha afflitto e soffocato tanti commercianti gelesi", ha aggiunto il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari.
E Tano Grasso, presidente onorario della Federazione antiracket e anti usura, ha osservato: "Gela è cambiata. In questi anni sono quasi cento gli imprenditori che hanno trovato la forza, attraverso l'associazione antiracket diretta da Renzo Caponetti, di denunciare i propri estorsori".



I provvedimenti sono stati notificati nel carcere di Caltanissetta a Emanuele Aletta, 28 anni; Giuseppe Alessandro Antonuccio, 29; Emanuele Bassora, 34; Massimo Billizzi, 33; Mariano Bonvissuto, 29; Angelo Cavaleri, 36; Marco Ferrigno, 38; Fortunato Ferracane, 37; Carmelo Fiorisi, 48; Salvatore Gravagna, 26; Paolo Portelli, 40; Crocifisso Smorta, 49; Salvatore Terlati, 34.
Nel carcere di Enna l'ordinanza è stata notificata a Luca Incardona, 32 anni; Vincenzo Di Giacomo, 41 anni; nel carcere Ucciardone di Palermo a Marcello Scerra, 35 anni; nel carcere di Lecce a Gianluca Gammino, 34 anni; nel carcere Opera, a Milano, a Filippo Scerra, 33 anni; nel carcere di Melfi (Potenza) a Vincenzo Gueli, 33 anni; nel carcere di Voghera (Pavia) a Salvatore Nicastro, 44 anni; nel carcere di Poggioreale a Napoli ad Alessandro Gambuto, 33 anni; nel carcere di Bergamo a Giuseppe Novembrini, 36 anni; nel carcere di Saluzzo (Cuneo) a Emanuele Burgio, 36 anni; nel carcere di Spoleto (Perugia) a Salvatore Burgio, 42 anni; nel carcere di Padova a Giovanni Ascia, 32 anni; nel carcere di Fossombrone (Pesaro) a Salvatore Cavaleri, 41 anni e nel carcere di Carinola a Massimo Terlati, 36 anni.
17/02/2009






Fonte: La Sicilia



La prova che dal carcere comandano...

MESSINA, 17 FEB - Un infermiere del carcere di Messina e' stato arrestato con l'accusa di aver agevolato i boss detenuti Luigi Galli e Daniele Santovito. Avrebbe consentito loro di impartire ordini e disposizioni, grazie a un telefonino, agli affiliati dei clan Giostra e Santa Lucia Sopra Contesse, due quartieri della citta' dello Stretto. L'infermiere e' stato scoperto dai carabinieri e ora deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.
Fonte: ANSA

Le mani sull'eolico...

TRAPANI - I boss mafiosi avrebbero messo le mani sulla realizzazione dei parchi eolici in Sicilia. E' quanto emerge dall'inchiesta che stamani ha portato all'arresto di imprenditori e politici trapanesi. Si tratta di otto provvedimenti cautelari emessi dal gip del tribunale di Palermo, Antonella Consiglio, su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia, Piero Padova e Gino Cartosio. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri del Reparto operativo di Trapani e dagli agenti della polizia di Stato in servizio alla Squadra mobile di Trapani. L'operazione antimafia, denominata "Eolo", si basa sui risultati delle indagini condotte su una serie di progetti per la realizzazione di vari impianti eolici nel Trapanese. In particolare nel mirino erano le dinamiche politiche e imprenditoriali che hanno spinto l'amministrazione comunale di Mazara del Vallo (ma anche altre amministrazioni locali) a optare per un programma di progressiva espansione dell'energia eolica. Alla base dell'inchiesta un'imponente attività d'intercettazione. Il risultato più rilevante consiste nell'aver appurato che l'attività illegale di imprenditori e politici avrebbe avuto un imprimatur mafioso. I boss avrebbero controllato gli affari sull'energia alternativa, anche mediante l'affidamento dei lavori necessari per la realizzazione degli impianti eolici (scavi, movimento terra, fornitura di cemento e di inerti) per un affare di centinaia di milioni di euro ai quali si aggiungono, per la stessa entità, gli ingenti finanziamenti regionali di cui le imprese hanno beneficiato. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di aver consentito a Cosa nostra, e in particolare alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo il controllo di attività economiche, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici nel settore della produzione di energia eolica e allo scambio di voti politico-mafioso. Devono rispondere pure di avere ottenuto, grazie a ignoti pubblici ufficiali in servizio presso l'amministrazione comunale di Mazara del Vallo, notizie segretate che riguardavano lo schema di convenzione per la realizzazione di un parco eolico a cura della società Enerpro. Il documento sarebbe stato prelevato dalla cassaforte in cui era custodito, e reso noto agli amministratori della concorrente società Sud Wind, per consentirle di presentare un'analoga convenzione a condizioni più vantaggiose. Secondo i pm tramite l'imprenditore Melchiorre Saladino, in concorso con altri pubblici ufficiali non identificati, Vito Martino e Baldassare Campana avrebbero costantemente e ripetutamente favorito la Sud Wind di Luigi Franzinelli. Fra le persone arrestate c'è un consigliere comunale di Mazara del Vallo, Vito Martino, 41 anni, di Forza Italia, che è stato anche assessore comunale. Gli altri provvedimenti cautelari riguardano Giovan Battista Agate, di 66 anni, pregiudicato di Mazara del Vallo, fratello del boss Mariano Agate; Melchiorre Saladino, di 60, imprenditore di Salemi (Trapani), ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, attraverso il quale il capomafia controllava gli affari sull'emergia eolica; Giuseppe Sucameli, mazarese di 60 anni, già architetto del Comune di Mazara del Vallo, attualmente detenuto per associazione mafiosa.Il gip ha concesso gli arresti domiciliari a Baldassare Campana, mazarese di 60 anni, responsabile dello sportello unico attività produttive del Comune di Mazara del Vallo; Antonino Cottone, mazarese di 73, imprenditore e gestore della "Calcestruzzi Mazara"; Antonio Aquara, di 50, imprenditore di Ottati (Salerno).Coinvolto anche l'imprenditore di Trento Luigi Franzinelli, arrestato per corruzione aggravata dall'avere favorito la mafia. L'indagato è socio della Sud Wind srl che ha presentato nel Trapanese progetti per la realizzazione di parchi eolici e per questi impianti secondo l'accusa avrebbe versato somme di denaro e "regalato" automobili a politici e impiegati comunali. Franzinelli ricopre cariche in diverse società.
17/02/2009
Fonte: La Sicilia

lunedì, febbraio 16, 2009

Racket a "Vigata"

PORTO EMPEDOCLE (AGRIGENTO) - Due proiettili inesplosi dentro una busta di plastica legata con nastro adesivo alla saracinesca sono stati trovati dal proprietario di un esercizio commerciale di Porto Empedocle. Indaga la polizia, che sembra privilegiare l'ipotesi di una ripresa in città del racket delle estorsioni. A Porto Empedocle potrebbero esserci, secondo gli agenti, altri casi di intimidazione subiti e mai denunciati. Polizia e carabinieri si dicono disponibili a raccogliere le evenutali, nuove, denunce avviando una collaborazione e garantendo il massimo riserbo.
15/02/2009
Fonte: La Sicilia

venerdì, febbraio 13, 2009

Niente parole.. Riflettere e ricordare..


3 ergastoli ad Agrigento

AGRIGENTO, 13 FEB - La corte d'Assise di Agrigento ha condannato all'ergastolo 3 degli imputati per gli omicidi di Antonino Di Caro e Antonio Costanza. Furono uccisi a Palermo a giugno del 1995. Carcere a vita per Leoluca Bagarella di Corleone, Giuseppe Fanara di Santa Elisabetta e Giuseppe Gambacorta di Porto Empedocle. Quattordici anni, per occultamento di cadavere, a Giovanni Aquilina di Grotte. Gli omicidi di Di Caro e Costanza avvennero nell'ambito della guerra di mafia degli anni Novanta.
Fonte: ANSA

Rinviata udienza di Dell'Utri...

PALERMO - Per un impedimento dei giudici è stata rinviata al 27 febbraio l'udienza del processo d'appello al senatore Marcello Dell'Utri (Pdl), accusato di concorso in associazione mafiosa. Il dibattimento si svolge davanti alla Corte d'Appello di Palermo presieduta da Claudio Dall'Acqua. Nella prossima udienza verrà sentita, come teste, l'avvocato Alessandra De Fillipis, che difendeva il pentito Cosimo Cirfeta. In primo grado il politico venne condannato a 9 anni di carcere.
13/02/2009
Fonte: La Sicilia

giovedì, febbraio 12, 2009

Speriamo porti a qualche risultato...

Palermo, 10 feb. - Chi paga il ''pizzo'' o non presenta denuncia per aver ricevuto richieste in tal senso o comunque cede a estorsioni di ogni genere non potra' avere rapporti contrattuali ne' con l'assessorato regionale alla Sanita' ne' con le aziende sanitarie: in caso di contratti gia' stipulati sara' prevista la loro automatica e immediata risoluzione. Inoltre non potranno essere stipulati contratti con coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione o che hanno subito condanne passate in giudicato per gravi reati. L'assessore regionale alla Sanita' siciliana, Massimo Russo, delinea un ruolo di primo piano della amministrazione sanitaria nel processo di contrasto alla criminalita' organizzata e mafiosa. Lo fa con una direttiva inviata ai dirigenti generali della struttura e ai manager delle aziende sanitarie nella quale si sottolinea la necessita' di inserire negli atti negoziali le cosiddette clausole di autotutela. ''E' un supplemento di rigore - ha spiegato Russo - che ritengo necessario e indifferibile per scoraggiare comportamenti illegali e per garantire la salvaguardia dell'interesse pubblico dalla possibile interferenza di chi opera in modo illecito o con comportamenti contrari alla legalita' e alla trasparenza. Ho raccolto le tante istanze che in tal senso sono pervenute dalla societa' civile e dalle associazioni che rappresentano l'imprenditoria dell'isola. Ritengo utile ribadire i valori della legalita' che intendiamo promuovere anche nell'ordinaria azione amministrativa ed e' per questo che abbiamo individuato nuovi strumenti di prevenzione da affiancare a quelli gia' previsti principalmente dalla normativa sull'infiltrazione mafiosa''. In particolare, l'assessore Russo specifica che nei contratti che verranno stipulati dovranno essere previste clausole con le quali ''il contraente si impegna a denunciare all'autorita' giudiziaria ogni illecita richiesta di denaro, prestazione o altra utilita', formulata anche prima della gara o nel corso dell'esecuzione del contratto anche a propri agenti, rappresentanti o dipendenti e comunque ogni illecita interferenza nelle procedure di aggiudicazione o nella fase di adempimento del contratto o eventuale sottoposizione ad attivita' estorsiva o a tasso usuraio da parte di organizzazioni o soggetti criminali''. In tal modo, vengono espressamente inseriti nei contratti gli obblighi di denuncia di pressioni estorsive e usuraie, il rispetto della tutela delle norme di sicurezza sul lavoro e in materia previdenziale, con la conseguenza che la loro violazione dara' luogo alla risoluzione del contratto. Inoltre e' previsto che il contraente produca l'attestazione di non trovarsi nelle condizioni che escludono l'instaurarsi del rapporto contrattuale. Analoga attestazione deve essere prodotta per certificare, in caso di gara, che il partecipante non si trova in situazioni di controllo o di collegamento con altri concorrenti e che non sono stati stipulati accordi con altri partecipanti alle gare.
Fonte: Adnkronos

Qualche segnale positivo...

CATANIA, 11 FEB - La Corte dei conti di Palermo ha chiesto 150 mila euro di risarcimento all'ex dirigente generale della polizia di Stato Bruno Contrada. La somma, per danni all'immagine dello Stato dopo la sua condanna a 10 anni per concorso esterno alla mafia. Il provvedimento e' stato notificato 2 giorni fa all'ex funzionario del Sisde a Palermo. 'I danni allo Stato li chiederemo noi, per come hanno trattato un uomo dello Stato che ha dato la sua vita allo Stato', ha detto il difensore Lipera.
Fonte: ANSA

venerdì, febbraio 06, 2009

Si però diamoci una mossa..

Palermo, 6 feb. - (Adnkronos) - E' iniziato presso la Sala Rossa di Palazzo dei Normanni a Palermo il primo incontro tra il Presidente della Commissione regionale antimafia siciliana, Calogero Speziale e una delegazione della Commissione nazionale antimafia, rappresentata dai deputati siciliani che fanno parte della Commissione. ''Abbiamo avuto gia' diversi contatti con il Presidente nazionale Giuseppe Pisanu -ha detto Speziale prima dell'inizio dell'incontro- che ha apprezzato molto il testo regionale antimafia approvato di recente. Ci ha quindi suggerito di fare un'iniziativa comune''. Ha quindi annunciato tre incontri pubblici tra Commissione regionale e nazionale previsti a partire da giugno a Palermo, a Milano e a Roma. ''Abbiamo messo su' anche altre iniziative -ha detto ancora Speziale- la prima riguarda la sicurezza: cioe' la possibilita' di valutare tutte le possibilita' di supporto alla luce del provvedimento approvato ieri al Senato e che riguarda la sicurezza nel mondo produttivo, utilizzando i soldi del Pon nazionale e utilizzando anche una quota quota delle risorse previste dalla Finanziaria nazionale''. ''Infine -ha concluso- un'altra questione riguarda i beni confiscati in Sicilia alla mafia ma non assegnati agli enti locali: sono ben 4.000. E io ho posto il problema su come fare un piano di utilizzo dei beni confiscati, utilizzando come risorse gli stessi i conto correnti confiscati ai boss mafiosi''. "L'incontro di oggi -ha detto il vicepresidente della Commissione nazionale antimafia, Fabio Granata- e' una iniziativa lodevole perche' si cerca di creare un coordinamento tra la Commissione regionale e quella nazionale sui grandi temi come l'Antiracket, a confisca dei patrimoni mafiosi, ma anche sul monitoraggio delle infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni pubbliche e i rapporti con la politica''. ''Quello di oggi e' un incontro di suggerimenti'', ha concluso.Presente anche l'assessore alla Presidenza, Giovanni Iarda, ex magistrato di Palermo: ''Il Governo regionale e' impegnato su piu' fronti nella lotta alla mafia -ha detto a margine dell'incontro parlando con i giornalisti- come dimostrano iniziative quali la legge voto per l'assegnazione alla Sicilia dei beni confiscati alla mafia e l'istituzione della Commissione per le nuove norme antinfiltrazione nella pubblica amministrazione''. E il Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Francesco Cascio ha aggiunto: ''L'incontro di oggi e' utile per mettere a punto iniziative e per adeguare quelle parti di competenza del Parlamento nazionale della normativa antimafia che ha ricadute sulla nostra societa'. Pensiamo che la legge sullo scioglimento dei Comuni vada adeguata alle innovazioni normative che hanno permesso l'elezione diretta di sindaci e presidenti di province''. E ha concluso: ''Abbiamo l'esigenza di un dialogo con la Commissione nazionale antimafia per parlare della confisca dei beni mafiosi e assegnati agli Enti locali, ma anche degli aiuti previsti agli imprenditori che decidono di denunciare i loro estorsori''.

Fonte: Adnkronos

I vigili chiedevano il pizzo...

GELA (CALTANISSETTA) - "A Gela, anche i Vigili urbani chiedevano la tangente". Lo rivela un commerciante di prodotti alimentari, Renzo Caponetti, attuale presidente dell'Associazione antiracket della città, che ne sarebbe stato vittima nel 2004. Il racconto, inedito, di questo e di altri episodi, è contenuto nel libro "No al pizzo", di Gabriella De Fina, pubblicato da Thor Editrice, che nei prossimi giorni sarà presentato a Gela. "Ho subìto richieste estorsive anche dalla polizia municipale: è stata una cosa brutta - racconta nel libro, Caponetti - vedermi arrivare due vigili urbani in divisa per chiedermi il pizzo. Anche a loro risposi che avrei preparato un 'bel pacchettinò, ma subito dopo andai a denunciare l'accaduto al dott. Malafarina (commissario di polizia, ndr). Poi, sconcertato ed amareggiato, Caponetti sottolinea i risultati deludenti della sua denuncia. "I vigili furono sospesi per un po', però poi hanno ripreso a lavorare ed oggi sono in servizio regolarmente". Caponetti vive sotto scorta.
06/02/2009
Fonte: La Sicilia

mercoledì, febbraio 04, 2009

Il buon padre di famiglia..

PALERMO - Maria Concetta Riina, 34 anni, figlia del capo dei capi di cosa Nostra, Totò Riina, è negli uffici del Palazzo di Giustizia di Palermo per essere sentita dai pm come persona informata dei fatti. Nei giorni scorsi la donna aveva rilasciato un'intervista a "La Repubblica" in cui parlava del padre, del duro regime carcerario al quale è sottoposto e della detenzione dei due fratelli. Maria Concetta Riina è stata accompagnata negli uffici della Procura della Repubblica dal marito, Toni Ciavarello, con il quale ha tre figli. La coppia si è presentata con largo anticipo rispetto all'orario in cui era fissato l'interrogatorio. La donna parlava del padre come un "parafulmine per tante situazioni", raccontando anche la sua vita in latitanza con la famiglia per 19 anni e il fatto che adesso, perchè porta il cognome Riina ha problemi a trovare lavoro. Maria Concetta Riina è la più grande dei quattro figli; i due fratelli, Gianni e Salvo, sono entrambi detenuti. La donna indossa un cappotto di colore nero così come il marito che l'ha accompagnata fin davanti la stanza in cui si svolge l'interrogatorio.
03/02/2009
Fonte: La Sicilia

Riina torna al suo posto...

ROMA - Come il padre, anche Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Totò - boss di 'Cosa Nostra' - è un capo e proprio in virtù del suo "ruolo dirigenziale", all'apice di una "cellula" malavitosa, operante tra Corleone e il palermitano, e della sua "personalità permeata da una convinta cultura mafiosa", la Cassazione ha confermato il 'no' agli sconti di pena tramite la concessione delle attenuanti generiche. Lo sottolinea la stessa Suprema Corte nelle motivazioni della sentenza - n.4471 - con la quale lo scorso 8 gennaio ha confermato la condanna a otto anni e dieci mesi di reclusione per Riina jr (che ha un fratello maggiore condannato all'ergastolo) e ad altri due complici con l'accusa di associazione mafiosa, così come stabilito nel processo d'appello bis dai giudici palermitani il 27 dicembre 2007. La Cassazione spiega anche di aver deciso di inviare gli atti del fascicolo su Riina jr alla Procura generale della stessa Suprema Corte - come chiesto dal sostituto procuratore generale Vito D'Ambrosio - per verificare "il mancato esercizio dell'azione penale per altuni reati-fine". In tal caso la Procura di Palermo dovrà procedere. Riina jr è tornato in carcere per scontare la condanna residua di questo verdetto.
03/02/2009
Fonte: La Sicilia