martedì, aprile 28, 2009

Molti giudici iniziano a spaventarsi...

Palermo, 27 apr. - (Adnkronos) - L'ex ministro dc Calogero Mannino, oggi sentore dell'Udc, e' stato assolto in appello dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per "l'assoluta inconsistenza di alcuni elementi prospettati nell'accusa", ma anche per la "manifesta vaghezza e genericita'" riscontrate nelle dichiarazioni dei pentiti di mafia. Sono state depositate le motivazioni della sentenza d'assoluzione emessa lo scorso 22 ottobre dai giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo. In 131 pagine i giudici spiegano i motivi per i quali hanno assolto l'ex ministro, dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio l'assoluzione precedente.
"Non e' stato individuato - scrivono i giudici - nei termini di assoluta certezza probatoria necessari per pronunciare la condanna, alcun effettivo contributo materiale apportato da Calogero Mannino alla conservazione o al rafforzamento di Cosa nostra". Anche la "pretesa, non dimostrata, 'vicinanza' e 'disponibilita' dell'imputato - si legge ancora - nei confronti del sodalizio mafioso, o di singoli suoi esponenti, dove fosse provata, potrebbe evidenziare solo contiguita' riprovevoli da un punto di vista etico e sociale, restando di per se' estranea all'area penalmente rilevante del concorso esterno in associazione mafiosa". Nella sentenza d'assoluzione i giudici evidenziano tutti i punti dell'accusa secondo cio l'ex ministro Calogero Mannino sarebbe stato contiguo con Cosa nostra, a partire dagli esponenti mafiosi dell'agrigentino."E' venuta meno - scrivono i giudici - l'originaria tesi accusatoria secondo la quale Mannino avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti mafiosi di Agrigento sin dagli anni Settanta finalizzati al conseguimento di appoggio elettorale da parte di Cosa nostra verso la quale egli avrebbe dunque mostrato disponibilita' ricambiando il sostegno ottenuto". Per i giudici "di questo sunto accusatroio non c'e' prova soprattutto per l'assoluta carenza di elementi idonei ad evidenziare specifiche condotte che rafforzino l'associazione mafiosa o singoli esponenti". Cosi' come per la Corte d'Appello e' "assolutamente certo che, al di la' del matrimonio celebrato nel 1977, non c'e' alcuna prova di contatti o condotte di alcun genere di Mannino con Leonardo Caruana, ucciso a Palermo nell'81, ma neppure con altri esponenti della famiglia Caruana, compreso Gerlando Caruana che solo negli anni Novanta sara' coinvolto in indagini di mafia". Nella sentenza vengono analizzate in modo "oltremodo rigorose" le dichiarazioni del collaboratore Gioacchino Pennino "che costituisce l'unica fonte di prova a supporto della tesi accusatoria della pretesa stipula del patto politico-elettorale tra Mannino e Cosa nostra". "Le propolazioni di Pennino" soprattutto su un presunto incontro tra l'imputato e un esponente di Cosa nostra e "al presunto patto politico-elettorale stipulato tra i partecipanti, si caretterizzano per la loro manifesta vahezza e genericita' ogni qual volta si e' provato ad approfondirne i contenuti e specificarne i contorni". Parlando ancora delle dichiarazioni di Pennino, i giudici le bollano come "ulteriori rilevanti incongruenze".Per la Corte d'Appello che ha assolto l'ex ministro dell'Agricoltura "appare illogico che Mannino, esponente politico di rilievo ormai nazionale, al solo scopo riferito dal collaboratore abbia avvertito l'esigenza di ricercare in Gioacchino Pennino un sostegno politico e solo quello, non avendo il collaborante fatto riferimento a richieste di altro genere rivoltegli dall'imputato".

Fonte: Adnkronos

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