lunedì, novembre 30, 2009

Proprio malato..Seriamente malato..

Roma, 29 nov. ''Sono io quello che ha fatto più di tutti per combattere la mafia''. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna a parlare di Cosa Nostra all'indomani delle polemiche scatenate dal suo ''strozzerei chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia'' ma soprattutto della smentita da parte della Procura di Firenze su un suo coinvolgimento nelle inchieste sulle stragi di mafia del 1993.
''Dalla lettura dei quotidiani dei giorni precedenti e anche di oggi appare evidente ad ogni persona onesta e di buon senso che ci troviamo di fronte all'attacco più incredibile ed ignobile che mi sia stato rivolto nel corso di questi ultimi anni, da quando ho deciso di dedicarmi con tutte le mie forze al bene del mio Paese. Se c'è una persona che per indole, sensibilità, mentalità, formazione, cultura e impegno politico, è lontanissima dalla mafia, questa persona sono io'', ha dichiarato il premier Berlusconi.
''Se c'è un partito che in questi anni più si è distinto nel contrastare la criminalità organizzata, questo partito -sottolinea Berlusconi - è stato Forza Italia e oggi è il Popolo della libertà. Se c'è un governo che più di tutti ha fatto della lotta alla mafia uno dei suoi obiettivi più netti e coerenti, questo è il mio governo, che sono certo -rimarca - sarà ricordato anche come il governo che ha lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica''.
''Questo è il terreno civile e politico sul quale intendo anche contrastare la campagna di stampa del gruppo 'La Repubblica-Espresso', che chiamerò a rispondere sul piano penale e civile dei danni arrecati alla dignità della mia persona, della mia famiglia e dell'azienda Fininvest''.
Alle affermazioni del presidente del Consiglio replica a stretto giro il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro. ''Se c'è una persona bugiarda è Silvio Berlusconi - attacca l'ex pm -. Infatti, ha uno strano modo di combattere la mafia: tenendosela a casa e portandola in Parlamento. Invece di continuare a fare proclami - insiste -, vada dai magistrati a farsi giudicare e spieghi loro i rapporti che ha intrattenuto con imprenditori e altri personaggi vicini alla mafia''.

Fonte: Adnkronos

Rubrica estero

Da Borsellino e Falcone a Fortugno, vicepresidente della Calabria. La magistratura che Berlusconi vorrebbe limitare, continua a vincere battaglie.
Il giudice Giovanni Falcone, esemplare servitore dello Stato, nemesi della mafia, assassinato da Cosa Nostra il 23 maggio del 1992 a Palermo, disse a La Vanguardia che la mafia “è un modo di essere, una cultura e al tempo stesso un modo per fare affari”, d’altro canto, aggiungeva, è un’organizzazione in perenne lotta con lo Stato di diritto. La mafia, la piovra, come la chiamano in Italia, è un soggetto politico destabilizzante di grande rilevanza che in più di un’occasione ha messo sotto scacco lo Stato, anche per mezzo di pratiche terroristiche.
La prova del fatto che la mafia è molto più di un gruppo di delinquenti, sta nella qualità e il nel significato simbolico dei suoi obiettivi criminali. All’omicidio di Falcone fece seguito quello del suo stimato collega Paolo Borsellino, valente magistrato che aveva appreso la lotta alla mafia agli ordini del procuratore capo, anche lui ucciso, Rocco Chinnici. Ancor prima avevano ucciso il colonello dei Carabinieri Giuseppe Russo, i capi della Polizia Emanuele Basile e Boris Giuliano, i magistrati Rocco Chinnici e Cesare Terranova, i politici Piersanti Mattarella e Pio La Torre. Più recentemente a questa lista di cadaveri eccellenti hanno aggiunto il vicepresidente della regione Calabria Francesco Fortugno, a cui hanno sparato mentre stava andando a votare.
In mezzo a questo significativo bagno di sangue sono emersi altri elementi che permettono di inserire questa ignobile società criminale nella posizione politica che occupa, senza che essa voglia rivelarlo. La mafia è un potere invisibile e vuole restare tale. In questo disegno sono da segnalare, per esempio, il giudizio a Giulio Andreotti, tre volte primo ministro e forse il più illustre esponente della Democrazia Cristiana, e i processi per associazione a delinquere di stampo mafioso che riguardano collaboratori di Silvio Berlusconi, dei quali è stata data notizia la settimana scorsa. In questo panorama, ancora non si sa chi vincerà una guerra che dura da decenni. Comunque è sicuro che la magistratura che Berlusconi vorrebbe limitare, continua a vincere molte battaglie.
Fonte: italiadallestero


Ciotti sul ponte...

CASALECCHIO (BOLOGNA), 29 NOV - 'Quel ponte non unisce due coste ma due cosche'. Don Luigi Ciotti, presidente di 'Libera', sul ponte sullo Stretto. Don Ciotti chiede di posticiparne la realizzazione per dedicare quelle risorse ad asili, scuole, ferrovie. Lo ha fatto da 'Politicamente Scorretto', la Tregiorni di Casalecchio di Reno, in cui l'ideatore della rassegna, lo scrittore Lucarelli, rilancia l'appello per destinare alla cultura parte dei beni confiscati alla mafia.
Fonte: ANSA

Operazione Morus

CATANIA, 27 NOV - Operazione Morus della polizia di Catania contro la cosca mafiosa dei Piacenti: eseguiti 25 arresti in Sicilia e a Roma, Pisa e Biella. I reati ipotizzati sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di stupefacenti, usura, estorsioni, organizzazione di gare clandestine di cavalli. Sono state anche notificate 12 avvisi di garanzia a esponenti della societa' civile, dell'imprenditoria, della sanita' e delle forze dell'ordine, per i reati di riciclaggio, favoreggiamento e reato contro la Pa.
Fonte: ANSA

Mare nostrum: 39 conferme in appello

MESSINA, 28 NOV - Trentanove conferme delle condanne inflitte in primo grado, trenta assoluzioni e quindici ergastoli suddivisi per sei imputati. Questo il bilancio finale della sentenza emessa dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Messina nell'ambito del maxiprocesso Mare Nostrum . Alla sbarra 130 imputati accusati di aver fatto parte dei clan mafiosi che, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, hanno imperversato nella zona dei Nebrodi.
Fonte: ANSA

Agguato a San Cataldo

CALTANISSETTA - Agguato a San Cataldo, a cinque chilometri da Caltanissetta: vittima Stefano Mosca, 44 anni, incensurato, titolare di un negozio di pompe funebri del centro storico, che si è salvato gettandosi sul pavimento e rimanendo ferito solamente ad una spalla. A sparagli numerosi colpi sono stati due uomini incappucciati, armati di fucile e pistole, che hanno fatto irruzione nel locale di corso Vittorio Emanuele. I due sicari sono poi fuggiti a piedi per le vie retrostanti al negozio. Mosca è stato soccorso da un conoscente che lo ha accompagnato in ospedale, sempre a San Cataldo, dove sarà sottoposto ad intervento chirurgico. L'uomo, sposato, è il nipote di Salvatore Calì, ex esponente di spicco della cosca di San Cataldo ucciso il 27 dicembre dello scorso anno mentre usciva dalla sua agenzia di pompe funebri di via Roma. Calì era stato scarcerato da alcuni mesi dopo avere scontato parecchi anni per associazione mafiosa. I carabinieri lo scorso anno ipotizzarono che le nuove leve della mafia locale si stessero riorganizzando per eliminare i vecchi gregari e monopolizzare le attività illecite come le estorsioni ed il traffico di droga. San Cataldo da anni è considerato un punto di rifornimento di droga per numerosi comuni del circondario, compresa Caltanissetta. Alcune settimane fa la Squadra mobile ha arrestato tre persone di San Cataldo, tutti pregiudicati, perché erano in possesso di fucili a canne mozze nascosti in un casolare. Secondo la polizia venne bloccato in tempo, grazie ad alcune intercettazioni ambientali e a pedinamenti, un agguato nei confronti di qualche esponente di rilievo della cosca sancataldese.
Fonte: La Sicilia

Mega operazione della DIA

Palermo, 27 nov. - E' in corso da stanotte nell'agrigentino un'operazione della Direzione investigativa antimafia, che ha gia' portato all'arresto di numerose persone ritenute reggenti ed emergenti delle famiglie mafiose di Cattolica Eraclea, Montallegro e Ribera. Per tutti il reato contestato e' associazione mafiosa. Gli agenti della Dia stanno ancora procedendo a numerose perquisizioni e ad altrettanti sequestri di imprese, di societa' operanti nel settore della ristorazione ed in quello edile, riconducibili agli arrestati.
Tra quelle edili, alcune utilizzate per la realizzazione dell'acquedotto ''Favara di Burgio'' e per l'acquisto di terreni su cui realizzare una centrale per la produzione di energia alternativa eolica. Maggiori dettagli sull'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa, convocata alle 12 presso la sezione Ooperativa Dia di Agrigento.

Fonte: Adnkronos

venerdì, novembre 27, 2009

Rubrica estero

L’arresto di Domenico Raccuglia, figura imortante di Cosa Nostra, segna un reale avanzamento nella lotta contro la mafia. Le spiegazioni di Jacques de Saint-Victor, professore all’università Paris VIII e autore di “Mafie: l’industria della paura” (Edizioni du Rocher, 2008).

Chi era questo “numero 2″ di Cosa Nostra?
Domenico Raccuglia ricopriva un ruolo strategico. Da circa tre anni, ha acquisito molta importanza incaricandosi del traffico legato agli appalti nel campo dei lavori pubblici, una delle attività principali di Cosa Nostra.Durante questo periodo, i ranghi della mafia siciliana sono stati indeboliti da numerosi arresti di figure capitali come Bernardo Provenzano [nell'aprile 2006], o Salvatore Lo Piccolo [nel novembre 2007]. Domenico Raccuglia ha finito per essere considerato dai magistrati antimafia come uno dei capi di Cosa Nostra. Anche se bisogna fare attenzione alle espressioni: non era veramente il “numero 2″ come affermano i media.

Sta insinuando che si tratti più di un annuncio ad effetto che di un reale colpo portato a questa organizzazione?
No, si tratta effettivamente un grande passo in avanti nella lotta antimafia. Domenico Raccuglia era importante. Ed è stato trovato in possesso di numerosi documenti che permetteranno agli inquirenti di approfondire la loro conoscenza della Piovra. Semplicemente, Cosa Nostra non è un’organizzazione monolitica: numerose famiglie la compongono. E non è più sufficentemente organizzata perché si possa definire precisamente un “numero 1″ o un “numero 2″ che condurrebbe le sue attività. Gli inquirenti arrivano persino a dubitare che la “Cupola” [il "parlamento" della mafia siciliana] esista ancora.D’altra parte, il fatto che Domenico Raccuglia non sia stato arrestato a Palermo, ma a Trapani, è istruttivo. La lotta d’influenza è sempre esistita tra queste due mafie, ma se lui si è nascosto a Trapani, vuol dire che lì si tramavano cose importanti. La disorganizzazione della mafia palermitana sposta il centro del potere… A tal punto che se bisognasse scegliere un padrino capace di federare le famiglie siciliane, sarebbe il grottesco Matteo Messina Denaro, soprannominato Diabolik, dal nome di un personaggio dei fumetti italiani.
Cosa nostra secondo lei è meno ben strutturata. Ma ha ancora lo stesso potere?
L’organizzazione resta molto inserita nel paesaggio economico e politico dell’isola e controlla il territorio. Sono state create alcune associazioni per contrastare il potere che le imprese subiscono, ma i commercianti sono sempre taglieggiati con metodo. La lotta continua…

In quale contesto politico si muovono i magistrati?
Al momento insistono sull’importanza delle intercettazioni telefoniche che hanno permesso di stanare Domenico Raccuglia… perché Silvio Berlusconi vuol fare approvare un progetto di legge per ridurle. Non si può dire che il contesto politico sia favorevole alla lotta antimafia in Italia, anche se le parole di alcuni uomini politici come Gianfranco (sic!) Fini si sono fatte recentemente più severe nei confronti dei mafiosi. Perciò quest’arresto è una buona notizia… e una buona sorpresa!

Fonte: italiadallestero

giovedì, novembre 26, 2009

Rinvio per Cuffarone...

Palermo, 25 nov. - La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per il senatore Udc Salvatore Cuffaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La richiesta, arrivata al gup Vittorio Anania, è firmata dal pm antimafia Antonino Di Matteo e dal procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Nel provvedimento, come scrive il 'Giornale di Sicilia', i pm utilizzano molti degli elementi del processo sulle 'talpe' nel quale, in primo grado, l'ex presidente della Regione Siciliana era stato condannato a cinque anni di reclusione. Secondo l'accusa, rispetto al dibattimento delle 'talpe' ci sarebbero fatti nuovi. Al senatore viene contestato dai pm ''di avere rafforzato in maniera sistematica e continuativa l'associazione mafiosa''.

Fonte: Adnkronos

Operazione "Scacco matto"

SCIACCA (AGRIGENTO) - Condanne per un totale di trecento anni di carcere sono state richieste oggi dai Pm della Dda di Palermo nei confronti di 21 delle 33 persone coinvolte nell'inchiesta antimafia denominata "Scacco Matto", su mafia e appalti nella zona compresa tra il versante agrigentino della valle del Belice, Sciacca, Ribera e l'hinterland. Le richieste di condanna riguardano quegli imputati che hanno scelto il rito abbreviato.
Venti anni di reclusione sono stati chiesti per Gino Guzzo, di Montevago; 18 per Raffaele Sala, di Burgio; 16 per Accursio Dimino, di Sciacca, Salvatore Imbornone, di Lucca Sicula, Antonio Pumilia, di Menfi e Antonino Gulotta, di Montevago; 14 per Michele Barreca e Giacomo Corso, di Menfi; 12 per Girolamo Sala e Pietro Antonio Derelitto, di Burgio, Giuseppe Barreca, di Menfi, Antonino Montalbano e Giuseppe Orlando di Ribera; 2 anni e 6 mesi ciascuno per Leonardo Tavormina, di Menfi, e Michele Giambrone, di Villafranca Sicula, accusati di favoreggiamento.
Per un'intera famiglia di Ribera, i Capizzi (due di loro si chiamano entrambi Paolo, altri due Giuseppe e uno Francesco), sono stati chiesti in totale 76 anni di carcere. Per Calogero Rizzuto, di Sambuca, che di recente ha deciso di collaborare con la giustizia, i pm hanno chiesto 4 anni
.
I pm hanno chiesto l'assoluzione per non avere commesso il fatto di tre imputati: Antonio Pumilia, Giacomo Corso e Michele Barreca, tutti di Menfi. Erano accusati di danneggiamento. Per tutti gli altri soggetti coinvolti nell'indagine si procede con il rito ordinario.
26/11/2009
Fonte: La Sicilia

Contrada in ospedale

Palermo, 24 nov. - Bruno Contrada, l'ex 007 che sta scontando una pena definitiva a 10 anni per mafia, è ricoverato al policlinico universitario di Palermo per problemi di salute. A darne notizia è il suo legale, Giuseppe Lipera che fa sapere: ''Contrada dovrà subire una coronografia e assai probabilmente un'angioplastica con apposizione di stend o di by pass a seguito di una stenosi coronarica''. L'intervento avverrà dopo che saranno eseguiti gli interventi clinici. Intanto, il 15 dicembre è prevista l'udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Palermo che dovrà decidere la proroga della detenzione domiciliare, ''ovvero -spiega il legale- la sospensione dell'esecuzione della pena''. La difesa è anche in attesa che la Corte d'Appello di Caltanissetta si pronunci sulla nuova istanza di revisione della condanna dopo che la Corte di Cassazione ha deciso che competente a valutarla saranno i giudici di Caltanissetta e non quelli di Catania.
Fonte: Adnkronos

Il vecchio Schifani...


ROMA - Gaspare Spatuzza chiama in causa il presidente del Senato Renato Schifani. E le affermazioni del pentito suscitano polemiche e reazioni. Lo stesso Schifani parla di calunnie e ha già annunciato l'intenzione di denunciare chi "infanga la mia dignità professionale, politica e umana".
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, difende l'integrità di Schifani che è sotto gli occhi di tutti". Dal fronte opposto, invece, il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, chiede chiarimenti sulla vicenda.
Ed eccola, la vicenda, così come la ricostruisce il collaboratore di giustizia. In un'informativa della Dia, depositata al processo d'appello contro il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, Spatuzza ricorda un episodio che risalirebbe ai primissimi anni 90 e sostiene di avere visto l'attuale presidente del Senato incontrare il boss di Cosa nostra, Filippo Graviano. La storia si riferirebbe al periodo in cui Schifani esercitava la professione di avvocato civilista e amministrativista e Graviano non era ancora latitante. Schifani assisteva civilmente Giuseppe Cosenza, indiziato per mafia e poi sottoposto al sequestro e alla confisca dei beni e alla sorveglianza speciale per tre anni.
Nella propria informativa del 26 ottobre scorso, la Dia di Firenze ricostruisce che gli incontri si sarebbero svolti nella sede della Valtras, azienda appartenente a Cosenza. "Ho cercato nella mia memoria - dice Spatuzza - di collocare i rapporti di Graviano Filippo su Milano. In proposito preciso che Filippo Graviano utilizzava talvolta l'azienda Valtras, dove lavoravo, come luogo di incontri. Accanto a questa c'era un capannone di cucine componibili di Pippo Cosenza, dove pure si svolgevano incontri, dove ricordo avere visto più volte la persona che poi mi è stata indicata essere l'avvocato del Cosenza". Ossia, Schifani.
"La cosa - prosegue il pentito - mi fu confermata dal Graviano Filippo a Tolmezzo, allorquando, commentando questi incontri, Filippo mi diceva che l'avvocato del Cosenza, che anch'io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l'attuale presidente del Senato Renato Schifani. Preciso che anch'io, avendo in seguito visto Schifani su giornali ed in televisione, l'ho riconosciuto".
"Non ho mai avuto rapporti con Filippo Graviano e non l'ho mai assistito professionalmente", è la dura replica di Schifani, che annuncia: "Denuncerò in sede giudiziaria, con determinazione e fermezza, chiunque, come il signor Spatuzza, intende infangare la mia dignità professionale, politica e umana, con calunnie e insinuazioni inaccettabili. Sono indignato e addolorato. Ho sempre fatto della lotta alla mafia e della difesa della legalità i valori fondanti della mia vita e della mia professione. I valori di un uomo onesto".
Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, secondo il quale "di fronte a una ricostruzione circostanziata e meticolosa fatta da un pentito di mafia, la seconda carica dello Stato, direttamente chiamato in causa, deve spiegare nel merito se conosce o ha avuto incontri con il boss Filippo Graviano. In assenza di spiegazioni convincenti si creerebbe un gravissimo corto circuito istituzionale che imporrebbe le dimissioni di Schifani".
26/11/2009


Fonte: La Sicilia

"Un" processo Dell'Utri

PALERMO, 24 NOV - Rinviato al 26 a Palermo il processo di secondo grado al sen.Marcello Dell'Utri (PdL), accusato di calunnia aggravata.
Il pg ha chiesto di ampliare l'articolato di prova su cui dovranno deporre gli ultimi 2 testimoni citati e l'avvocato del politico ha fatto istanza di un termine a difesa per pronunciarsi. I due testi sono il pentito pugliese Michele Oreste e l'avv. barese Alessandra De Filippis, che saranno anche sottoposti a confronto.
Fonte: ANSA

Cinà e Rotolo condannati

PALERMO - I boss Antonino Cinà e Antonino Rotolo sono stati condannati all'ergastolo dalla prima sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo: la sentenza, che conferma una decisione del Gup Mario Conte, riguarda l'omicidio di Giovanni Bonanno, reggente dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo, fatto sparire con metodo della lupara bianca nel gennaio 2006. Il collegio presieduto da Innocenzo La Mantia ha deciso col rito abbreviato e ha confermato pure 7 anni inflitti a Giuseppe Pecoraro, imputato di associazione mafiosa e della soppressione del cadavere di Bonanno.
Di quest'ultimo reato rispondeva pure il pentito Gaspare Pulizzi, al quale la pena è stata ridotta da due anni a un anno e 10 mesi. Fu proprio Pulizzi, con le sue dichiarazioni, a consentire il ritrovamento del cadavere e l'individuazione di alcuni dei presunti responsabili del delitto: oltre a Rotolo e Cinà, sono considerati mandanti nell'omicidio anche Salvatore Lo Piccolo e Diego Di Trapani, giudicato col rito ordinario e nei cui confronti si tiene proprio oggi la requisitoria in Corte d'Assise. Secondo l'accusa, Bonanno fu assassinato per i contrasti con i capimafia, scontenti della sua gestione della cassa dei mandamenti di cui era reggente.

26/11/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, novembre 24, 2009

Operazione dei Carabinieri di Monreale

PALERMO - I carabinieri del Gruppo di Monreale, al termine di una complessa indagine di due anni, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno arrestato, su ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip di Palermo, quattro esponenti mafiosi di San Giuseppe Jato (Palermo). L'inchiesta, che ha ricostruito le dinamiche mafiose della famiglia del paese, storicamente nota per essere stata retta dal boia del giudice Falcone, Giovanni Brusca, ha fatto luce su un cruento omicidio avvenuto nel 2006 nelle campagne del paese, quello del pastore Angelo Lo Voi, assassinato da tre killer perchè non aveva ceduto al racket del pizzo. I carabinieri, inoltre, hanno scoperto numerose estorsioni messe a segno dalla cosca della zona.
24/11/2009
Fonte: La Sicilia

Arrestato boss disabile

CATANIA, 24 NOV - Arrestato a Catania il latitante Carmelo Di Stefano, 39 anni, elemento di spicco della cosca dei Cursoti milanesi. Il ricercato, al quale da dicembre 2008 erano stati concessi i domiciliari perche' invalido, e' stato preso mentre era alla guida di un'auto. Per Di Stefano, che deve scontare 30 anni di reclusione per associazione mafiosa, omicidio e droga, in settembre era stata ripristinata un'ordinanza di custodia in carcere, ma si era reso irreperibile.
Fonte: ANSA

Il boss al suo posto..

ROMA - Domenico Raccuglia, il boss di mafia catturato nei giorni scorsi dopo 13 anni di latitanza, è stato trasferito nel carcere di Tolmezzo. Dopo che il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha firmato l'applicazione del 41 bis (il cosiddetto carcere duro) nei suoi confronti, Raccuglia - secondo quanto si è appreso - ha lasciato il carcere Pagliarelli di Palermo per quello di Tolmezzo, tra i penitenziari 'ad hoc' per i detenuti in 41 bis.
Fonte: La Sicilia

lunedì, novembre 23, 2009

Il parere di Ingroia...

CALTANISSETTA - Per Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, il progetto legislativo del processo breve, con l'attuale funzionamento degli uffici giudiziari potrebbe provocare una quasi generalizzata "estinzione del reato". È questa, in sintesi, la tesi del magistrato che a Caltanissetta ha risposto alle domande degli studenti nell'aula magna dell'istituto "Luigi Russo", in occasione del primo appuntamento di ieri del progetto 'Percorso sulla legalita".
"È chiaro che chi attende giustizia la rivendichi in tempi celeri: sì al provesso breve - ha detto il magistrato - ma qui il rischio che si corre è l'estinzione del reato".
Il magistrato di Palermo, artefice con i suoi colleghi della recente cattura del boss Mimmo Raccuglia, teme che il voler garantire tempi celeri finisca per agevolare l'impunità di criminali e mafiosi.
22/11/2009
Fonte: La Sicilia

Talpe nei carabinieri...


PALERMO - Sarebbe già stato chiarito il giallo sulla presunta talpa che - secondo una ricostruzione pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica - avrebbe avvisato del blitz imminente i vivandieri del capomafia latitante Domenico Raccuglia, arrestato il giorno successivo dalla polizia a Calatafimi (Trapani).
La telefonata sarebbe partita dal cellulare di un maresciallo dei carabinieri, in servizio alla Legione a Palermo senza compiti operativi, originario di Calatafimi, che aveva conosciuto i coniugi Benedetto Calamusa e Antonia Soresi, poi arrestati per favoreggiamento nei confronti del boss.
La vicenda aveva fatto nascere il sospetto dell'esistenza di una talpa. E' stato lo stesso sottufficiale dell'Arma, in una relazione di servizio che è stata inviata alla Procura, a spiegare di avere trascorso la serata di sabato insieme alla coppia e ad altri conoscenti in un locale del paese. Prima di congedarsi il maresciallo avrebbe lasciato il suo numero, con uno squillo al cellulare di Calamusa, in modo da consentirgli di memorizzarlo.
Il militare era all'oscuro dei rapporti tra i coniugi e Raccuglia. L'utenza del maresciallo, che è privata, solo formalmente risulta riconducibile all'Arma dei carabinieri, in quanto rientra nella convenzione tra una società telefonica e il ministero dell'interno che prevede tariffe agevolate per le forze dell'ordine. In seguito alla telefonata giunta a Calamusa, la squadra mobile avrebbe deciso di anticipare i tempi dell'operazione per paura di quella che poteva apparire come una "segnalazione in codice".
21/11/2009

Fonte: La Sicilia

Scoperto covo di Gerlando Messina

AGRIGENTO, 21 NOV - La polizia ha scoperto a Favara uno dei covi di Gerlandino Messina, il numero 2 di Cosa Nostra agrigentina latitante dal 1999. E' inserito nell'elenco dei 30 latitanti piu' pericolosi d'Italia. In una palazzina, situata nel centro del paese, all'interno di un garage, i poliziotti hanno trovato una stanza nascosta, una specie di bunker attrezzato con tutti i confort. Appesa al muro c'era una cartolina di Porto Empedocle, paese natale del boss.
Fonte: ANSA

Condannati Quaranta e Pompeo

FAVARA (AGRIGENTO) - Il gup Lorenzo Matassa ha condannato a quattro anni di carcere Enzo Quaranta di 39 anni e Rosario Pompeo di 41 anni, entrambi di Favara, accusati di favoreggiamento aggravato nei confronti dell'ex numero uno di Cosa nostra agrigentina, adesso collaboratore di giustizia, Maurizio Di Gati di Racalmuto. Il pm della Dda Giuseppe Fici aveva chiesto, lo scorso 14 maggio, la condanna ad 8 anni di reclusione ciascuno per associazione per delinquere di stampo mafioso.
La difesa di Pompeo e Quaranta facendo ricorso in Cassazione è però riuscita ad ottenere che il reato contestato ai due venisse derubricato in favoreggiamento aggravato. Pompeo e Quaranta, giudicati con rito abbreviato, erano stati arrestati dalla Squadra mobile di Agrigento il 15 luglio del 2008, durante l'operazione "Face Off" contro la famiglia mafiosa della zona montana di Agrigento.
21/11/2009
Fonte: La Sicilia

domenica, novembre 22, 2009

L'asta simbolica

ROMA - Al via la settimana di mobilitazione di Libera contro la vendita dei beni confiscati alla mafia. I beni confiscati "li vendiamo noi - informa una nota di Libera - partecipate all'asta simbolica dei beni immobili a rischio". L'appuntamento è martedì 24 novembre alle 11,00 presso la Bottega della legalità Pio La Torre in via dei Prefetti 23, a Roma.
"Banditori d'eccezione Don Luigi Ciotti e Franco La Torre, figlio di Pio La Torre. All'asta - spiega Libera - saranno messi gli oltre 3mila beni immobili 'a rischiò in vendita se fosse approvato l'emendamento votato la settimana scorsa al Senato ed in attesa di essere discusso alla Camera.
Con lo slogan "Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono Cosa nostra" parteciperanno alla manifestazione le principali associazioni come Legambiente, Arci, Acli, Tavola della Pace, Uisp, Agesci, Uds e personaggi del mondo della cultura, del cinema e della società civile e responsabile.
Saranno illustrate le iniziative della campagna di mobilitazione, l'elenco delle adesione all'appello di Libera già sottoscritto da oltre 20mila cittadini.
22/11/2009
Fonte: La Sicilia

Processo stragi '92 '93

Palermo, 21 nov. - Nuovo impulso all'indagine sulla cosiddetta trattativa tra Cosa nostra e lo Stato subito dopo le stragi mafiose del '92 e del '93. Massimo Ciancimino, che ieri pomeriggio è stato ascoltato per oltre quattro ore congiuntamente dai pm della Dda di Palermo e da quelli di Caltanissetta, secondo quanto apprende l'ADNKRONOS, ha consegnato ai magistrati alcuni 'pizzini' scritti dal boss mafioso Bernardo Provenzano negli anni Novanta e indirizzati al padre di Massimo, Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo condannato per mafia.
Si tratta di alcuni foglietti che erano stati scritti dal capomafia quando era ancora latitante e che sono stati inviati a Vito Ciancimino, quando quest'ultimo stava a Roma. Non si conosce ancora il contenuto dei 'pizzini', ma chi li ha letti parla di "materiale molto interessante". I documenti erano conservati un una banca all'estero insieme al cosiddetto 'papello', cioe' il contenuto delle richieste avanzate da Cosa nostra allo Stato per fare terminare la strategia stragista.
Secondo quanto raccontato nei mesi scorsi da Massimo Ciancimino ai magistrati, che da allora vive sotto scorta e ha lasciato Palermo per trasferirsi a Bologna, sarebbe stato proprio il padre Vito a condurre la trattativa tra i boss e lo Stato. Subito dopo le stragi di mafia, secondo Ciancimino junior, due carabinieri del Ros lo avrebbero avvicinato per chiedergli se il padre sarebbe riuscito a contattare i boss mafiosi. "La trattativa - ha detto piu' volte Ciancimino - inizia nel momento in cui il capitano Giuseppe De Donno in aereo mi avvicina e mi chiede di poter parlare con mio padre, quella e' una data che e' storica, e' assodata".
Pochi giorni fa, dopo l'ennesimo interrogatorio con i magistrati dell'Antimafia di Palermo e di Caltanissetta, Ciancimino Jr. aveva anche detto che il boss mafioso Salvatore Riina, cioe' colui che avrebbe fatto le richieste del 'papello' nella trattativa, sarebbe stato 'tradito' dal boss Bernardo Provenzano: sarebbe stato quest'ultimo a fornire ai carabinieri, tramite Vito Ciancimino, la località in cui si nascondeva l'allora latitante Riina, arrestato il 15 gennaio 1993 a Palermo.
Ciancimino junior verra' riascoltato nei prossimi giorni ancora una volta dai magistrati di Palermo edi Caltanissetta "per chiarire ulteriori particolari" della documentazione consegnata venerdì sera.

Fonte: Adnkronos

venerdì, novembre 20, 2009

Rubrica estero

Roma. Dopo 15 anni di latitanza il numero due della mafia siciliana è caduto nella rete della (è stato catturato dalla) polizia. Il boss di Cosa Nostra Domenico Raccuglia è stato catturato domenica nella zona di Trapani, come ha riferito un portavoce della polizia all’agenzia di stampa ANSA. Il 45enne fa parte dei 30 criminali latitanti più pericolosi d’Italia ed era già stato condannato a tre ergastoli.
“Mimmo” Raccuglia, detto “il veterinario”, sarebbe stato tra l’altro coinvolto nel sequestro di un quattordicenne che ha tenuto col fiato sospeso il paese agli inizi degli anni ‘90, finchè il ragazzino, dopo due anni nelle mani dei rapitori, è stato alla fine assassinato e il suo corpo sciolto nell’acido. Nel complesso sono stati imputati al 45enne cinque omicidi.
Il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha parlato di “uno dei colpi più duri inferti alle organizzazioni mafiose da anni”. Umberto Di Maggio, dell’organizzazione anti-mafia “Libera”, ha parlato di una grande giornata per la lotta contro la criminalità organizzata. Raccuglia è stato uno dei grandi “padrini” della mafia, il suo arresto era stato ritenuto impossibile da molte persone.
In effetti, nonostante la costante sorveglianza di sua moglie, il mafioso era riuscito a mettere al mondo con lei un secondo figlio. Durante l’arresto di domenica sera ha tentato di fuggire dal balcone di un appartamento in un sobborgo di Calatafimi che la polizia aveva circondato.
Secondo le indicazioni fornite dal Ministro degli Interni Maroni, la polizia italiana ha arrestato negli ultimi 18 mesi più di 3.600 mafiosi e ha sequestrato beni per un valore di 5,6 miliardi di euro.
Fonte: italiadallestero


La mannara di Calamusa..

PALERMO - Prima di spostarsi nel covo di via Cabasino, dove è stato arrestato, il boss latitante Domenico Raccuglia si sarebbe nascosto in un baglio in contrada Pantano, sempre a Calatafimi. Un casolare immerso nella campagna, con una dozzina di stanze, diverse finestre e sentieri attraverso cui tentare la fuga. Il baglio, o mannara come lo chiamano nel Trapanese, è di proprietà di un parente di Benedetto Calamusa, uno dei due favoreggiatori del capomafia di Altofonte. Un parente con precedenti per mafia la cui posizione è attualmente al vaglio degli inquirenti. I poliziotti della Squadra mobile di Palermo e dello Sco, il Servizio centrale operativo, da giorni tenevano sotto osservazione la casa di campagna. Raccuglia avrebbe commesso un errore fatale: quello di mantenere intatta la rete dei postini che si occupavano di smistare e ricevere la sua corrispondenza. Tutti uomini di Calatafimi e Camporeale, nel trapanese. Il latitante aveva capito di essere braccato, e per questo motivo si sarebbe trasferito in paese. Sono antichi i rapporti fra il boss di Altofonte e il gruppo. Già il pentito Giovanni Brusca aveva raccontato di summit e incontri, datati 1997, nella zona di Castellammare alla presenza di Mimmo Raccuglia. A fine ottobre i carabinieri del nucleo investigativo di Palermo avevano perquisito anche la casa della moglie del boss, in Corso Piano Renda, ad Altofonte. Nel piede di un letto avevano trovato 12 mila euro in contanti. Il gip di Trapani Massimo Corleo si è riservato la decisione sulla convalida dell'arresto del boss Domenico Raccuglia, finito in manette domenica, dopo 13 ani di latitanza. Il magistrato scioglierà la riserva domani, decidendo contestualmente anche sull'eventuale misura cautelare da adottare nei confronti del capomafia. Sempre alla prossima udienza, il gip si dichiarerà incompetente, visto che al reato di detenzione illegale di armi, che ha motivato l'arresto in flagranza, è stata aggiunta l'aggravante del favoreggiamento alla mafia, che fa passare la competenza alla Dda e all'ufficio del gip di Palermo. Come aveva fatto ieri davanti al giudice del capoluogo siciliano, anche davanti al magistrato di Trapani, Mimmo Raccuglia si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una volta trasmesso il fascicolo a Palermo, i pm della Dda hanno 20 giorni per chiedere la rinnovazione della misura cautelare.
18/11/2009
Fonte: La Sicilia

Rubrica estero

Condannato per cinque omicidi – in fuga dalla legge per 15 anni
Con una pistola per mano il boss mafioso Domenico Raccuglia, 43 anni, ha provato a scappare dal tetto. Ma il suo piano non ha funzionato. Dopo 15 anni di latitanza, viene arrestato in Sicilia domenica.
Il numero due dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra Domenico “Mimmo” Raccuglia, 43 anni, è stato già condannato a tre ergastoli. I reati per cui è stato condannato sono sequestro di persona e cinque omicidi, tra cui quello di un ragazzo che aveva tenuto prigioniero per due anni prima di ucciderlo. Il corpo del ragazzo era stato poi gettato nell’acido. Si era nascosto alla polizia per quindici anni, ma nel pomeriggio di domenica la fuga si è conclusa.
Raccuglia è stato arrestato nella provincia siciliana di Trapani, dopo che la polizia seguiva le sue traccie da due settimane. Durante l’arresto, Raccuglia ha tentato di fuggire da un balcone in un quartiere del paese Calatafimi nel nord-ovest della Sicilia. Impugnava due pistole quando ha cercato di salire sul tetto per scappare. Ma è stato fermato dalla polizia, scrive il quotidiano La Repubblica. Il boss di Cosa Nostra è soprannominato il “veterinario” perché dice di amare gli animali. Ma allo stesso tempo è considerato uno dei trenta criminali italiani più pericolosi. Il ministro degli interni Roberto Maroni ha detto che l’arresto è stato “uno dei colpi più duri inferti alle organizzazioni mafiose negli ultimi anni perché era di fatto il numero due del consorzio criminale siciliano di Cosa Nostra”. Nonostante la moglie di Raccuglia è stata sotto costante controllo da parte della polizia, Domenico Raccuglia era riuscito a diventare padre del loro secondo figlio durante la latitanza.
Fonte: italiadallestero


10 anni a Piddu Madonia

PALERMO, 17 NOV - Il capomafia di Vallelunga (Caltanissetta) Piddu Madonia e' stato condannato a 10 anni di reclusione dalla Corte d'appello di Palermo. Per boss di Cosa nostra la pena e' stata ridotta, rispetto ai 14 anni del primo grado. Il giudizio riguarda ipotesi di riciclaggio: i soldi della mafia nissena, secondo l'accusa, sarebbero stati investiti e ripuliti in due societa' di Bagheria. Per questo motivo sono stati condannati due imprenditori, Giacinto Scianna ed il fratello Antonino.
Fonte: ANSA

Rubrica estero

Giovedì 12 novembre la polizia di Avellino ha annunciato di aver emesso quattro mandati d’arresto e posto sotto sequestro sette parchi eolici per un valore superiore a 153 milioni di euro nell’ambito di un’operazione battezzata “Via col vento” contro le truffe nel settore dell’ambiente in Italia.
“ Quindici persone sono sotto inchiesta in questa operazione, che ha avuto inizio nel 2007. Un mandato d’arresto è stato emesso contro quattro di loro per estorsione organizzata”, ha dichiarato il comandante della polizia di Avellino. Le quattro persone, tra cui Oreste Vigorito, presidente dell’azienda energetica IVPC, sono accusate di aver trattenuto sovvenzioni pubbliche per la realizzazione dei parchi eolici.
Per ottenere maggiori aiuti, gli accusati avrebbero falsificato dei documenti, attestando che erano proprietari dei terreni, e gonfiato con un “complesso meccanismo” i fondi che avevano a disposizione per costruire i parchi.I sette parchi pignorati si trovano in Campania e in Sicilia e, secondo gli addetti ai lavori, ci sono forti sospetti di infiltrazioni mafiose.
“Per fare affari con l’eolico, l’Italia ha creato un eldorado, offrendo un prezzo per kilowattora tre volte superiore a quello di altri paesi europei, come la Francia”, ha dichiarato il presidente del Comitato Nazionale del paesaggio, un’associazione di difesa dell’ambiente. “Grazie alle sovvenzioni regionali ed europee, un’installazione diventa redditizia a partire dal secondo anno, è spaventoso. Tali prospettive di profitto attirano in massa gli investimenti delle organizzazioni mafiose, Cosa Nostra in Sicilia, la ‘Ndrangheta in Calabria, la Camorra nel napoletano”, ha dichiarato.
Secondo il settimanale Io Donna (del gruppo Corriere della Sera) pubblicato il 7 novembre, in Sicilia esistono più di 900 pale eoliche, alcune alte più di 100 metri, e migliaia stanno per essere costruite “anche dove il vento non ha la forza di farle girare”. Secondo Io Donna questi investimenti rappresentano “il nuovo piano d’affari di Cosa Nostra”, che è diventata l’attrice principale dell’economia verde della Sicilia.
“L’infiltrazione della mafia nel settore eolico esiste”, ha deplorato il presidente di Legambiente per la regione Sicilia, principale associazione italiana per la protezione dell’ambiente. “Bisognerebbe vietare la rivendita dei permessi di costruzione in questo settore. Per ottenere l’autorizzazione di costruire le pale eoliche, bisogna presentare un progetto, cioè avere delle conoscenze tecniche rilevanti. La mafia, che non dispone delle competenze necessarie, è obbligata a ricomprare tali titoli per poter costruire le eoliche. Attualmente, in Sicilia c’è un vero e proprio mercato delle autorizzazioni”.
Fonte: italiadallestero


martedì, novembre 17, 2009

Un nome una garanzia...

PALERMO, 14 NOV - La GdF ha fermato il presunto 'cassiere' della cosca di San Lorenzo, Giuseppe Provenzano, 46 anni, gia' indagato per associazione mafiosa. Durante una perquisizione nel negozio di ferramenta intestato alla moglie, gli investigatori hanno anche sequestrato tre pistole prive di matricola e 150 cartucce, oltre a ottomila euro in contanti. L'uomo e' ritenuto anche referente nel settore degli appalti e del commercio nella zona controllata dai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
Fonte: ANSA

Raccuglia al Pagliarelli

Palermo, 16 nov. - Il boss mafioso Domenico Raccuglia, 45 anni, arrestato domenica pomeriggio dalla Squadra mobile di Palermo dopo una latitanza durata quasi 15 anni, lascera' gli uffici della Questura, dove ha trascorso la notte, per essere trasferito al carcere 'Pagliarelli'. Dovrebbe essere il gip del Tribunale di Trapani a convalidare il fermo del boss, bloccato in un appartamento di Calatafimi Segesta, nella provincia trapanese.

Sono intanto in corso perquisizioni nella palazzina di Calatafimi dove è stato fermato: gli esperti della Polizia scientifica eseguiranno rilievi nelle stanze dell'edificio nel centro storico del piccolo comune. Raccuglia, alla vista dei poliziotti, ha tentato la fuga dal terrazzo, ma e' stato bloccato. Il boss si era appena messo sul letto a guardare 'Domenica Cinque' e a mangiare un pacco di noccioline e mandorle al momento dell'irruzione degli uomini della Squadra Catturandi della Polizia palermitana.
Il numero due di cosa nostra indossava un paio di pantaloni neri di cotone pesante, scarpe da ginnastica e un maglione di lana. Accanto al letto gli uomini della Squadra mobile hanno trovato un biglietto scritto a macchina con le date delle vacanze scolastiche natalizie, pasquali ed estive. Forse si stava organizzando, in vista del periodo natalizio, a incontrare la sua famiglia, la moglie Maria e due bambini, una femmina di dodici anni e un bambino di quattro.
''Non appena mi arrivera' il carteggio, firmero' subito il carcere duro per il capomafia Domenico Raccuglia''. Lo ha detto il ministro della giustizia Angelino Alfano da Palermo. ''La cattura di Raccuglia - ha aggiunto - e' un successo straordinario di cui gia' mi sono complimentato col capo della polizia''.


Fonte: Adnkronos


PALERMO, 16 NOV -Il boss Mimmo Raccuglia, arrestato ieri, era solito utilizzare un block notes per appuntare, tra l'altro, nomi e cifre del pizzo. Il blocco, insieme a una trentina di pizzini, 130 mila euro in contanti, una mitraglietta e due pistole - una calibro 357 e un'arma svizzera - e' stato ritrovato in un grosso zaino che il boss ha lanciato dalla finestra quando ha tentato di sfuggire alla cattura. Nella sacca c'erano anche decine di guanti da chirurgo e numerosi proiettili.

Fonte: ANSA

Nel frastuono per Raccuglia, condannato Inzerillo...

PALERMO - Il pg di Palermo Vittorio Teresi ha chiesto la conferma della condanna a 8 anni inflitta in primo grado all'ex senatore Dc Vincenzo Inzerillo, imputato di associazione mafiosa. L'ex politico fu poi assolto in appello; ma il verdetto è stato annullato con rinvio dalla Cassazione che ha imposto un nuovo giudizio di II grado. Inzerillo era stato arrestato il 15 febbraio 1995 dopo le rivelazioni di tre collaboratori di giustizia, Gioacchino Pennino, Giovanni Drago e Salvatore Cancemi. I pentiti lo descrissero come un politico stabilmente inserito nella cosca di Brancaccio guidata dai boss Filippo e Giuseppe Graviano. Accuse confermate, recentemente, dal neo collaboratore Gaspare Spatuzza, uomo di fiducia di Giuseppe Graviano. L'udienza è stata rinviata al 21 dicembre per l'inizio delle arringhe difensive.
16/11/2009
Fonte: La Sicilia

Preso Raccuglia!

PALERMO - Il boss Domenico Raccuglia, arrestato oggi dalla squadra mobile di Palermo a Calatafimi (Trapani) è nato il 27 ottobre 1964 ed è ricercato dal 1996 per omicidi, mafia, rapina, estorsione. È stato condannato a tre ergastoli, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito per far ritrattare il padre e poi strangolato e sciolto nell'acido. Il nome di Raccuglia e la sua foto sbiadita, scattata parecchi anni fa, sono inseriti nell'elenco dei 25 latitanti di "massima pericolosità" che fanno parte del programma speciale di ricerca" del ministero dell' Interno.In meno di 20 anni il mafioso è riuscito a salire i gradini della scala gerarchica di Cosa nostra allargando il suo potere da Altofonte fino a Partinico passando per San Giuseppe Jato, il feudo del suo padrino Giovani Brusca. Soprannominato il "veterinario", per la sua passione per gli animali, o il "dottore" Raccuglia potrebbe essere la cerniera di collegamento per Cosa nostra di quel vasto territorio che da Palermo arriva a Trapani. Il suo arresto a Calatafimi, territorio del latitante numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, darà certamente il via a nuove ipotesi investigative sulle spartizioni territoriali della mafia. Ricercatissimo da polizia e carabinieri che seguivano anche i suoi familiari (un fratello, Salvatore, è stato condannato per mafia) Raccuglia è riuscito a sfuggire alla cattura nonostante, ad esempio, i magistrati sapessero che da oltre dieci anni, agli inizi di giugno, in genere tre giorni dopo la chiusura delle scuole, la moglie partisse da Altofonte per andare a trascorrere le vacanze estive col marito latitante. Nonostante i servizi di osservazione potenziati la donna è riuscita sempre a sfuggire agli investigatori: tornava nel suo paese a settembre, poco prima che i figli, una ragazza e un bambino, tornassero a scuola. Poco più di un mese fa il pm della Dda Francesco Del Bene ha emesso l'avviso di conclusione delle indagini nei confronti di Raccuglia che sarebbe, secondo gli inquirenti, il mandante dell'uccisione del mafioso di Altofonte Pietro Romeo, eliminato col metodo della lupara bianca il 13 marzo '97. Le accuse e i processi per il mafioso arrestato oggi pomeriggio non sono quindi terminati.
15/11/2009

Fonte: La Sicilia



PALERMO - "Per anni Domenico Raccuglia ha macchiato negativamente l'immagine di Altofonte e dell'intera provincia palermitana. Oggi è un giorno di festa per tutti i mie concittadini ed i siciliani onesti che rifiutano la violenza e la sopraffazione, armi con cui la mafia ha umiliato la civiltà della nostra terra". Sono le le parole di Vincenzo Di Girolamo, sindaco di Altofonte, a cui si aggiunge il commento di presidente del Consorzio sviluppo e legalità e sindaco di San Cipirello, Antonino Giammalva: "Un plauso alle forze dell'ordine per l'ennesimo successo. Giornate come questa ci confermano che un altro mondo è possibile. Anzi, è reale".

Fonte: La Sicilia

venerdì, novembre 13, 2009

Confronto Martelli-Ferraro

PALERMO - Si svolgerà martedì prossimo, alla Dia di Roma, il confronto tra l'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e l'ex capo degli Affari penali di via Arenula, Liliana Ferraro. Martelli e Ferraro verranno sentiti contestualmente dai magistrati della Dda di Palermo che indagano sulla trattativa tra mafia e Stato e da quelli di Caltanissetta che hanno riaperto l'inchiesta sulla strage in cui venne ucciso il giudice Paolo Borsellino. Verranno ascoltati separatamente sulla circostanza relativa alla comunicazione che la Ferraro fece a Borsellino sui colloqui investigativi che l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, rendeva ai carabinieri del Ros, Ferraro e Martelli hanno reso versioni parzialmente differenti. Circostanza che ha reso necessario il confronto. Per la settimana prossima è previsto l'interrogatorio di un altro personaggio chiave delle due inchieste: Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco. Anche lui sarà sentito congiuntamente dai magistrati delle due procure ai quali consegnerà altri documenti e, probabilmente, una serie di nastri registrati dal padre tra i quali potrebbero esserci anche quelli relativi alle conversazioni che Don Vito ebbe con l'allora colonnello del Ros Mario Mori. "Si tratta di un materiale molto vasto - ha spiegato Ciancimino - di cui non conosco la rilevanza, cosa che poi valuteranno i magistrati - e che non è ancora nella mia piena disponibilità materiale. Cercherò di recuperare più cose possibili dalla cassetta di sicurezza del Lichtenstein in cui la documentazione è depositata". Ciancimino ha ribadito la piena disponibilità a collaborare con le due procure e ad accelerare i tempi di consegna del materiale utile alle indagini. Comunque il procuratore di Caltanissetta ha reso noto che "se i tempi di consegna dovessero allungarsi troppo la procura procederà alla richiesta di rogatoria internazionale". Infine i pm di Palermo stanno valutando i contenuti degli interrogatori a cui il pentito Gaspare Spatuzza è stato sottoposto dai magistrati di Firenze. La Dda toscana ha inviato le trascrizioni nei giorni scorsi. Parte del materiale riguarda anche il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, sotto processo per concorso in associazione mafiosa che potrebbe essere depositato nei prossimi giorni agli atti del dibattimento d'appello.
12/11/2009
Fonte: La Sicilia

Processo De Mauro

PALERMO, 11 NOV - Mauro De Mauro, il cronista dell'Ora ucciso e fatto sparire nel '70, sarebbe stato eliminato per le sue inchieste sugli esattori Salvo. I palermitani Nino e Ignazio Salvo. Ne e' convinto Etrio Fidora, ex direttore del quotidiano, che oggi ha deposto davanti alla corte d'Assise di Palermo che, per l'omicidio, processa Toto' Riina. Il teste, che all'epoca era capo redattore, ha riferito che De Mauro stava raccogliendo informazioni sui potenti esattori di Salemi, poi arrestati per mafia.
Fonte: ANSA

6 mln di euro di confische al clan Laudani

Catania, 12 nov. - Il nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Catania ha confiscato beni immobili per un valore di circa 6 milioni su disposizione della locale Dda, al clan Laudani. Il provvedimento ha riguardato il patrimonio di due aziende catanesi entrambe con sede a Sant'Agata Li Battiati riconducibili al clan mafioso e gestite da Carmelo Rizzo, indicato come prestanome della famiglia mafiosa, assassinato nel febbraio del 1997.
Le indagini della Fiamme gialle hanno permesso di riscontrare la veridicita' delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia in ordine ad attivita' economiche gestite per conto del clan Laudani da prestanome. L'attivita' investigativa della Gdf ha consentito inoltre di accertare che le imprese edili intestate all'uomo deceduto, di fatto, erano gestite da Alfio Laudani, attualmente detenuto, ritenuto il capo dell'omonimo clan mafioso.

Fonte: Adnkronos

Due ordinanze per estorsione

CATANIA - Nelle prime ore del mattino i carabinieri di Piazza Dante hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale etneo, nei confronti di Mario Tosto, 48 anni, presunto appartenente al clan mafioso dei Cursoti milanesi, ed Eugenio Russo, 40 anni, già rinchiuso nel carcere di Caltanissetta. Entrambi sono pluripregiudicati per associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, e ritenuti responsabili di aver tentato di estorcere, nel dicembre scorso, una ingente somma di denaro al titolare di un noto negozio di abbigliamento sito nella centralissima via Etnea. Il rifiuto della vittima però avrebbe scatenato una ritorsione, sventata dall'intervento dei carabinieri, grazie alla denuncia della vittima.
13/11/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, novembre 10, 2009

Minzolini,il nuovo Fede..

ROMA - L'abolizione dell'immunità parlamentare è stata "un vulnus" alla Costituzione, e "c'è da auspicare che sia sanato". E' l'opinione del direttore del Tg1 Augusto Minzolini (nella foto a destra) , che ha dedicato all'argomento un editoriale nell'edizione delle 20. Per Minzolini la riforma costituzionale del '93 fu "un atto di sottomissione" della politica alla magistratura, confermata dall'elezione di numerosi magistrati in Parlamento, con la conseguenza che "il Parlamento non è riuscito a mettere in cantiere una riforma della giustizia". Lo spunto per l'editoriale sono state le dichiarazioni del pm Antonino Ingroia, che Minzolini definisce "un programma politico che Ingroia ha giustificato con la difesa della Costituzione. Solo che la Costituzione che Ingroia vuole salvaguardare - afferma Minzolini - almeno su un punto sostanziale non è quella originale. Nella Carta infatti, insieme all'autonomia della magistratura, i padri costituenti, cioè i vari De Gasperi e Togliatti, inserirono l'istituto dell'immunità parlamentare: non lo fecero perchè erano dei malandrini, ma perchè ritenevano quella norma necessaria per evitare che il potere giudiziario arrivasse a condizionare il potere politico". Insomma, a giudizio del direttore del Tg1, "l'immunità parlamentare era uno dei fattori di garanzia per assicurare nella nostra Costituzione un equilibrio dei poteri. Non fu certo un'idea stravagante: strumenti diversi ma con lo stesse finalità sono previsti in Germania, Inghilterra e Spagna e di un'immunità beneficiano anche i parlamentari di Strasburgo: D'Alema e Di Pietro ne hanno usufruito recentemente". Dal '93 invece, prosegue l'editoriale di Minzolini, "l'immunità è stata cancellata dalla nostra Carta costituzionale. Motivo? In quegli anni la classe politica e i partiti per via di Tangentopoli avevano perso la fiducia della gente e l'abolizione dell'immunità fu un modo per dimostrare che i costumi sarebbero cambiati. Quell'operazione mediatica si trasformo però nei fatti in un atto di sottomissione alla magistratura. Da allora i gruppi parlamentari sono affollati di magistrati e ci sono addirittura partiti fondati da magistrati". Inoltre, è ancora l'opinione di Minzolini, "governi di destra e di sinistra sono caduti sull'onda delle inchiesta della magistratura, e il Parlamento non è riuscito a mettere in cantiere una riforma della giustizia. Ma a parte le conseguenze, l'abolizione dell'immunità parlamentare ha provocato un vulnus nella Costituzione, si è rotto l'equilibrio tra i poteri e non se ne è creato un altro. Ora c'è da auspicare che quel vulnus, al di là delle dispute nominali su immunità, lodi e riforme del sistema giudiziario, sia sanato". "Non ho fatto alcuna critica nei confronti del governo, la parola governo credo non sia stata neanche pronunciata nel mio intervento. Ma non voglio fare polemiche o replicare al direttore del Tg1 Minzolini. Dico solo che alcune mie frasi sono state estrapolate dal contesto e ad esse è stato attribuito un significato diverso", ha replicato Ingroia. "Non ho nè obiettivi, nè programmi politici - ha aggiunto Ingroia - tantomeno di ribaltare posizioni o attuali assetti politici e istituzionali. Penso che questa sia l'accusa più grave che si possa fare a un magistrato, non mi sento di meritarla". "Ho fatto riferimento - ha proseguito - alla mia preoccupazione per alcuni disegni di legge, alcuni in corso di approvazione, mi riferisco a quello sulle intercettazioni, altri all'esame del Parlamento, mi riferisco alla riforma del codice di procedura penale, che a mio parere rischiano di aggravare la situazione di difficoltà investigativa della magistratura, soprattutto nei procedimenti più delicati sulle organizzazioni criminali, anche sul versante dei rapporti coi colletti bianchi. Poi ho aggiunto che da parte dei cittadini occorre, come ci ricordavano Falcone e Borsellino, una partecipazione attiva". Ingroia non smentisce però di avere usato l'espressione "soluzione finale": "Ho detto che sono saltati dei paletti importanti e fondamentali e che se venissero approvati, questi disegni di legge metterebbero in crisi l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, vale a dire un pilastro dello stato di diritto. In questo senso ho usato l'espressione forte della soluzione finale dello stato di diritto".
10/11/2009

Fonte: La Sicilia

Il tesoro dei Madonia

Palermo, 10 nov. - Beni per quindici milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri del Ros riconducibili a prestanome collegati ai presunti boss mafiosi Francesco Madonia, morto in carcere nel 2007, e Francesco Di Trapani, anch'egli morto, ma nel 1992, all'epoca erano ritenuti rispettivamente capo e reggente del mandamento Palermo Resuttana.
Il provvedimento di sequestro, e' scaturito dall'indagine antimafia "Rebus", che nei mesi scorsi aveva portato dieci persone in carcere. I carabinieri hanno sequestrato beni immobili, terreni ed esercizi commerciali. I dettagli dell'operazione saranno illustrati questa mattina alle 11, nel padiglione M della procura alla presenza, tra gli altri, del procuratore aggiunto Roberto Scarpinato (nella foto) e del comandante provinciale dei carabinieri Teo Luzi.

Fonte: Adnkronos

Vicini a Sonia...

PALERMO - "L'altra mattina sono stata svegliata da una voce che ha cominciato a dirmi: 'Voglio i tuoi piedì e continuava con 'Ti voglio morta! Ti voglio morta!', non avendo risposta alla mia continua richiesta di sapere chi fosse, ho chiuso. Dopo poco istanti una nuova telefonata dalla stessa persona che nuovamente continuava a dirmi che mi voleva vedere morta, il tutto condito con delle volgarità irripetibili". Il deputato europeo dell'IdV e presidente dell'Associazione familiari vittime di mafia, Sonia Alfano, ha denunciato l'episodio ai Carabinieri. "Sono mesi - aggiunge l'esponente politico - che mi succedono 'cose strane' e non ho fatto trapelare nulla alla stampa per non essere doppiamente presa di mira, sia da chi mi vuol vedere morta o che comunque mi fa capire che, anche se ne farei volentieri a meno, vuol esser presente nella mia vita, sia da quella stampa che nel conoscere certi fatti sminuirebbe l'accaduto".
10/11/2009
Fonte: La Sicilia

domenica, novembre 08, 2009

Provenzano tradì Riina?

Palermo, 5 nov. - "Fu Provenzano a indicare la zona esatta dove è stato poi arrestato Totò Riina". Lo afferma Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, che questa mattina si è recato in Procura a Palermo per depositare nuove carte.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, questo fatto dimostrerebbe la partecipazione del boss mafioso Bernardo Provenzano alla trattativa fra lo Stato e Cosa nostra. E' stato Massimo Ciancimino a raccontare ai magistrati della Procura che dopo le le stragi mafiose del '92 l'allora capitano del Ros Giuseppe de Donno avrebbe consegnato a Vito Ciancimino delle mappe della città di Palermo, proprio mentre era in corso la ricerca dell'allora boss latitante Totò Riina.
Secondo la ricostruzione fatta da Massimo Ciancimino agli inquirenti di Palermo, il padre Vito Ciancimimo avrebbe chiesto al figlio di fare due fotocopie delle mappe consegnate dal capitano del Ros Giuseppe De Donno. Una da conservare e un'altra da dare ad un uomo riconducibile al "geometra Lo Verde", cioè Bernardo Provenzano. Così, sempre secondo Ciancimino junior, le mappe sarebbero state restituite alla stessa persona da Provenzano con segnata la zona in cui poi è stato arrestato, il 15 gennaio del '93 il boss mafioso Salvatore Riina.
Secondo Massimo Ciancimino l'indicazione di Bernardo Provenzano, alias geometra Lo Verde, avrebbe permesso al Ros di catturare il capomafia.
E nuovo materiale cartaceo è stato consegnato questa mattina da Ciancimino ai magistrati della Dda del capoluogo siciliano. A confermarlo ai giornalisti davanti all'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, dove è in corso il processo d'Appello a suo carico per riciclaggio e intestazione fittizia di beni, è stato lui stesso.
"Questa mattina mi sono recato spontaneamente in Procura per produrre altri documenti del periodo in esame (sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra, ndr) per stabilire le date esatte su quanto da me detto ai magistrati". Alla domanda se tra il materiale consegnato ci fossero anche dei dvd, contenenti le registrazioni fatte da Vito Ciancimino della trattativa con il Ros, Massimo Ciancimino ha risposto: "Su questo argomento ho chiesto un po' di cautela, prima di annunciare qualcosa bisogna dare il giusto peso alle cose. Tutto sarà valutato dalla magistratura".

Fonte: Adnkronos

Processo Cuffaro

PALERMO - I procuratori generali di Palermo Daniela Giglio e Enza Sabatino, hanno chiesto la condanna a otto anni di carcere per l'ex governatore della Regione siciliana Salvatore Cuffaro imputato di favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreti di ufficio nel processo di appello delle talpe alla Dda. In primo grado Cuffaro era stato condannato a cinque anni per favoreggiamento semplice. Il tribunale ritenne infatti che il Governatore non aveva intenzione di dare un contributo a Cosa nostra con le due rivelazioni che gli sono state contestate: quella del 2001, relativa alla presenza di una microspia a casa del capomafia di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, e quella del 2003 relativa all'inchiesta a carico del manager della sanità privata, Michele Aiello. Per Aiello i Pg hanno chiesto la condanna a 17 anni e otto mesi per associazione mafiosa (in primo grado era stato condannato a 14 anni) e a otto anni e otto mesi per Giorgio Riolo ex maresciallo dei Ros che sarebbe stato una delle talpe dalla Dda, condannato in primo grado a 7 anni per favoreggiamento. L'accusa ha chiesto anche la conferma delle sentenza di primo grado per tutti gli altri imputati, a esclusione di Adriana La Barbera che è deceduta.
06/11/2009
Fonte: La Sicilia

Gli accordi tra stidda e cosa nostra..

Palermo, 5 nov. - E' in corso una vasta operazione antiracket a Gela, condotta dagli agenti del commissariato di polizia di Gela e della squadra mobile di Caltanissetta, che stanno eseguendo otto ordini di custodia cautelare in carcere per estorsione e associazione mafiosa. I provedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Caltanissetta Giovanbattista Tona, su richiesta del procuratore capo della citta' nissena Sergio Lari e dei pm Domenico Gozzo e Santi Condorelli. In carcere, nell'ambito del blitz denominato 'Scorpione, esponenti delle cosche gelesi di 'Stidda' e Cosa Nostra, che avrebbero fatto un accordo, accusati di avere estorto denaro alle imprese che, tra il 1995 e il 2006, hanno realizzato complessi residenziali per centinaia di alloggi nella zona a nord-est del centro abitato di Gela.
Secondo quanto scoperto dagli inquirenti i presunti mafiosi avrebbero chiesto soldi per far ritrovare materiale edilizio rubato nei cantieri, oppure imponevano la ''guardiania'', cioe' facevano assumere uomini dei due clan che venivano stipendiati con somme varianti da ottocento a tremila euro al mese, in proporzione all'entita' dei lavori eseguiti. L'inchiesta e' partita nel 2003 dopo la scomparsa di Salvatore Tomasi, uno degli imprenditori che si era aggiudicato l'appalto di parte delle opere di urbanizzazione di Gela. Il suo cadare venne ritrovato annegato nel fiume.

Fonte: Adnkronos

Processo Dell'Utri

PALERMO - Il procuratore generale, Antonino Gatto, ha depositato questa mattina alla prima sezione della corte d'appello di Palermo, nel processo al senatore Marcello Dell'Utri, i verbali degli interrogatori resi dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza ai pm palermitani. Il pg non ha potuto però presentare anche le trascrizioni integrali rese ai magistrati di Caltanissetta e ha prodotto solo i verbali riassuntivi. Per questo motivo la corte ha deciso di rinviare il processo al 20 novembre, quando verrà deciso il calendario delle audizioni del pentito. Era stata la difesa di Dell'Utri a chiedere la acquisizione di tutti i verbali degli interrogatori di Spatuzza. I giudici decideranno solo dopo aver sentito il pentito se citare sul banco dei testimoni i capi mafia Filippo e Giuseppe Graviano e Cosimo Lo Nigro, così come era stato richiesto dal pg. Dell'Utri, che deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato condannato in primo grado a nove anni di reclusione. Il procuratore generale ha chiesto la riapertura del processo, giunto ormai alla fase finale, proprio per ascoltare il pentito Gaspare Spatuzza. Il pentito ha dichiarato che nell'estate del 1993 l'obiettivo della mafia era quello di colpire i carabinieri della Dia. "Graviano mi disse - ha detto Spatuzza - che lo scopo primario era di colpire lo Stato, poteva essere anche la polizia, ma per ora c'è l'obiettivo diretto carabinieri. Il capitano che doveva essere l'obiettivo aveva avuto un ruolo nella cattura di Riina e camminava a bordo di una spider di colore rosso, era un certo Miranda. Per tre volte abbiamo cercato la macchina nel parcheggio vicino alla sede della Dia, ma non l'abbiamo trovata". Spatuzza ha raccontato anche che dopo l'estate '93 Giuseppe Graviano gli disse di "mettere ordine nel mandamento di Porta Nuova che era infestato dalla microcriminalità ed era retto da Vittorio Mangano". Spatuzza ha puntualizzato di non avere mai comunque conosciuto Mangano. "Era strano per noi di Brancaccio - ha detto Spatuzza ai pm di Palermo - di occuparci di un mandamento così lontano per mettere ordine senza assistenza sul posto. Mi recai lì diverse volte ma mi parve che si trattava di una cosa complicata e rinunciai".
06/11/2009
Fonte: La Sicilia