giovedì, novembre 29, 2007

"Volevo uccidere Riina"

FIRENZE - E' iniziata, nell'aula bunker di Santa Verdiana a Firenze, l'udienza a carico di Totò Riina e Bernardo Provenzano accusati di essere rispettivamente il mandante e uno degli esecutori materiali della strage di via Lazio, avvenuta a Palermo il 10 dicembre 1969. Quella strage è considerata uno degli episodi più cruenti della prima guerra di mafia che si scatenò negli anni 60 e che - a causa della morte del boss Michele Cavataio - portò a una ridefinizione delle sfere di competenza della varie famiglie mafiose.
All'udie
nza, che si tiene davanti alla Corte d'assise di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino (a latere Angelo Pellino), e il pm è Michele Prestipino, sono presenti in videoconferenza gli unici due imputati: dal carcere di Novara Bernardo Provenzano e dal carcere di Milano Totò Riina. L'udienza è incentrata sull'audizione di Gaetano Grado, il collaboratore di giustizia (e cugino di Salvatore Contorno) che indicò in Bernardo Provenzano il killer di Michele Cavataio, trucidato brutalmente da 'Binnu 'u tratturi'.
"Dissi a Stefano Bontade: cerchiamo di ammazzare Totò Riina, che fa troppa strategia, ma Bontade mi disse di lasciarlo fare, 'sto viddanu". Lo ha detto il collaboratore di giustizia Gaetano Grado, cugino di Salvatore Contorno e 'custode' negli anni '60 di Totò Riina, nella sua deposizione davanti alla corte d' assise di Palermo per il processo sulla strage di viale Lazio, a Palermo.
"Riina faceva troppa strategia - ha detto Grado - perchè dovunque andasse cercava di ingraziarsi i piu furbi e questo non mi piaceva. Per questo lo raccontai a Stefano Bontade", boss di Santa Maria di Gesù. "Un giorno in macchina gli dissi, dammi retta cerchiamo di ammazzarlo a questo, ma Bontade disse di no: 'è viddanu', mi disse, 'lascialo correre a questo cavallo, che tanto deve passare sempre da qui". Grado, coimputato nel processo per la strage di Viale Lazio, era stato combinato giovanissimo nella famiglia di Villagrazia
che poi venne assorbita dalla famiglia di Santa Maria del Gesù.
"Io non volevo morire vestito da poliziotto. Per questo la divisa della polizia usata per la strage di viale Lazio la indossarono soltanto Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella, Damiano Caruso e Manuele D' Agostino", ha detto Grado alla Corte d'assise di Palermo durante la ricostruzione dell'organizzazione della strage di viale Lazio. "Cavataio - ha detto Grado - doveva morire perchè non rispettava le regole di Cosa nostra, perché uccideva innocenti e non aveva onore".
Dopo la strage di viale Lazio, negli uffici dei fratelli Moncada, "portammo via il corpo di Calogero Bagarella" rimasto ucciso nella strage "e dovevamo decidere di seppellirlo perchè era morto con onore. Ma Totò Riina disse che il corpo di suo cognato doveva essere bruciato. Comunque se ne occupò lui", ha raccontato Grado. "Mettemmo il corpo di Bagarella in un sacco - ha detto Grado - e io dissi che doveva essere sepolto vicino alla sua famiglia. Ma Riina mi disse che ero pazzo, che avremmo attirato i carabinieri e che quindi il corpo andava bruciato. Ci avrebbe pensato lui. Non so come andò a finire perchè io me ne andai".


29/11/2007
Fonte: La Sicilia

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